A torto o a ragione si ricomincia a parlare di femminismo. Le pagine dei giornali lo citano nei titoli, il/la Presidente del Consiglio ne rivendica una blanda appartenenza, la politica lo lascia fuori dalla porta. Mai come di questi tempi, nel bene e nel male, il femminismo fa parlare di sé. Eppure pochi ne conoscono le origini, l’evoluzione, le storie. Insomma c’è molta confusione sotto il sole.

A fare chiarezza ci ha pensato l’associazione Blu Bramante di Modena, che ha previsto per il prossimo sabato 12 novembre una giornata di studio (in presenza e on-line) a partire dalle 9,30 alla Sala Laboratorio Aperto di via Buon Pastore 43. Termine previsto alle ore 18, pausa pranzo dalle 13 alle 14,30.

Tra le ospiti alcuni nomi prestigiosi del femminismo americano: Carol Gilligan, psicologa New York University, Naomi Snider, psicoanalista della New York University, Monica Sargentini, giornalista del Corriere della Sera, Stefania Ascari, deputata, Alice Proverbio, neuroscienziata di Milano Bicocca. Nella sessione pomeridiana Wanda Tommasi, filosofa dell’Università di Verona, Maria Barbuto, psicoanalista, Giulia Biondi, storica.

“Il femminismo non è una questione di sole donne – dice Franca Ferrari curatrice del convegno e presidente dell’Associazione Blu Bramante – non è nemmeno una battaglia di donne contro gli uomini: è un movimento etico, è un movimento chiave della nostra epoca. Si deve partire da qui per comprendere il resto”.

Vale la pena prendersi il tempo per partecipare e per cercare risposte o quando meno farsi domande. Perché, dopo decenni di attivismo contro le disuguaglianze di genere e per l’uguaglianza dei diritti, la discriminazione verso le donne resiste, nella società, nel mondo del lavoro, nella politica? Cos’è che rende il patriarcato così  resistente al cambiamento?

Carol Gilligan e Naomi Snider, che apriranno il convegno in videoconferenza, hanno elaborato una risposta nel libro “Perché il patriarcato persiste?” (tradotto in Italia da Vanda edizioni, 2021), cuore della discussione che se seguirà.

In estrema sintesi le autrici sostengono: Il patriarcato ha una funzione psicologica, la gerarchia che impone il patriarcato ci protegge dal rischio del disamore e dell’abbandono. Ne siamo tutti in qualche modo coinvolti (complici?). Sia donne che uomini. Entrambi sacrifichiamo quello che le autrici chiamano la “voce originaria”, ovvero la voce genuina e identitaria dei bambini, in cambio dell’accettazione di regole e convenzioni sociali protettive. Questo barattare gerarchie con amore e protezione produce dolore e perdita d’identità. Per le autrici dunque l’obiettivo è la liberazione di entrambi i generi dalla rigidità dei ruoli tradizionali della società patriarcale, passando attraverso la valorizzazione di quella “voce” più autentica che in definitiva rappresenta un modo diverso di parlare della condizione umana.

“L’obiettivo di questo momento di studio – continua Ferrari – è quello di offrire strumenti di conoscenza delle radici degli stereotipi, la nostra cultura ne è ancora troppo impregnata, e causa non solo sofferenze individuali ma anche un grave deficit di democrazia nella relazioni sociali e fra i generi”.

Il convegno è stato pensato assieme alla rete di studenti delle scuole superiori e delle della Università di Modena. Alcuni di loro (ragazzi e ragazze) interverranno per raccontare al pubblico la loro esperienza. Una sorta di gioco della verità, come dire…Come ho potuto perdere la mia voce genuina? O, passando per Edith Wharton, quando ho perduto l’età dell’innocenza?

Previsto uno spazio di Question time con Ilaria Baldini e Giuditta Smith Università di Siena per le traduzioni. I lavori della giornata di studi saranno resi disponibili sui media e sui social.

(Con il Patrocinio del Comune di Modena- L’adesione di Forum Donne Articolo1,Pd,Europa Verde, M5, Arci, SPI, CGIL).

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