Dopo più di quattromila anni possiamo finalmente leggere l’elamico lineare, una scrittura antichissima utilizzata dagli Elamiti (secondo la tradizione biblica, discendenti di Elam, uno dei nipoti di Noè) nel sud dell’Iran tra il 2300 e il 1900 a.C. A trovare la chiave di questo enigmatico sistema di scrittura, che fino ad oggi nessuno era riuscito a decifrare, è stato un gruppo internazionale di cinque studiosi di cui fa parte anche Gianni Marchesi, professore di Assiriologia al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna. Dopo l’epopea delle decifrazioni della Lineare B micenea negli anni Cinquanta e dei geroglifici maya negli anni Sessanta, siamo adesso di fronte a un nuovo decisivo passo in avanti: “Per la prima volta, a distanza di quattromila anni, gli antichi Elamiti ci parlano direttamente attraverso la loro scrittura”, commenta Marchesi.

La storia di questa scoperta ha inizio nel 1903, quando gli scavi francesi nella città di Susa, nell’Iran sud-occidentale, portano alla luce i primi documenti scritti in una misteriosa scrittura denominata elamico lineare dagli studiosi, per distinguerla dall’altra scrittura in uso in antico in quella regione: il cuneiforme di origine mesopotamica. Da allora, l’elamico lineare ha catturato a più riprese l’attenzione degli studiosi resistendo a numerosi tentativi di decifrazione, tra cui quello dell’illustre linguista e lincèo Piero Meriggi. Questa scrittura è stata utilizzata per scrivere testi in lingua elamica fino a poco dopo il 1900 a.C., quando venne soppiantata dal cuneiforme mesopotamico. Ed è stato proprio l’uso di due differenti sistemi di scrittura (elamico lineare e cuneiforme) per notare la stessa lingua (l’elamico) che ha reso possibile la decifrazione dell’elamico lineare.

Il punto di partenza è stato lo studio di alcune iscrizioni incise su monumenti di Susa risalenti al XXII secolo a.C. La loro particolarità risiede nel fatto che sono iscrizioni redatte in due scritture — l’elamico lineare e il cuneiforme — e in due lingue: una è ancora da determinare, ma potrebbe essere una forma arcaica di elamico (una delle tre lingue utilizzate dai re persiani achemenidi nelle loro iscrizioni monumentali), mentre l’altra è l’accadico, detto anche babilonese, ben noto agli studiosi fin dalla decifrazione del cuneiforme nella seconda metà del XIX secolo. Sebbene non si tratti di testi bilingui in senso stretto, si poteva presumere che le iscrizioni nella scrittura indecifrata (l’elamico lineare) contenessero nomi di personaggi o divinità noti dai testi coevi in cuneiforme (questi ultimi perfettamente comprensibili agli studiosi), tanto più che talvolta le due scritture compaiono l’una a fianco dell’altra sullo stesso monumento.

“C’era un re di nome Puzur-Sushinak e un dio chiamato Insushinak”, spiega Marchesi. “Le parti finali di questi due nomi coincidono; questo fatto ha reso relativamente facile l’identificazione delle sequenze dei simboli grafici corrispondenti a questi due nomi in elamico lineare: dovevamo solo trovare due sequenze che finissero nello stesso modo. Così, da questi due soli nomi, abbiamo ottenuto i valori fonetici di nove segni dell’elamico lineare, che poi abbiamo utilizzato per identificare altri nomi e ottenere ulteriori valori fonetici. La decifrazione ha anche confermato che la lingua scritta fosse appunto l’elamico, o meglio, una forma molto arcaica di tale lingua che chiamiamo antico elamico”.

Per arrivare a decifrare l’intero sistema di scrittura, gli studiosi si sono rivolti poi a un altro tipo di fonte: una serie di coppe d’argento iscritte. Anche in questo caso, le iscrizioni in elamico lineare sono state confrontate con iscrizioni in cuneiforme e in lingua accadica o elamica, presenti in un secondo gruppo di coppe d’argento.

“I testi nelle due forme di scrittura non sono identici tra loro, ma sappiamo che questo tipo di iscrizioni è generalmente molto standardizzato”, dice Marchesi. “Partendo da quello che già conoscevamo, abbiamo iniziato a confrontare i diversi testi e siamo riusciti a identificare non solo singole parole, ma anche intere frasi scritte in elamico lineare e in lingua elamica”.

Questo ulteriore lavoro di analisi delle iscrizioni sulle coppe d’argento si è rivelato decisivo. Gli studiosi sono infatti riusciti a scoprire come vanno letti 72 simboli grafici del repertorio dell’elamico lineare, che rappresentano più del 95% delle occorrenze di segni nel corpus. La speranza ora è che nuovi scavi in Iran possano portare alla luce altri testi in elamico lineare che permettano di completare l’opera.

Una volta decifrato, l’elamico lineare si è rivelato essere un sistema di scrittura piuttosto diverso da quelli coevi come il cuneiforme mesopotamico o il geroglifico egiziano. Non è infatti un sistema logo-sillabico come questi ultimi, in cui i simboli grafici rappresentano sia sillabe sia intere parole.

“L’elamico lineare è un tipo di scrittura completamente fonetico: i suoi simboli rappresentano infatti vocali, consonanti, o sillabe formate dall’unione di una consonante con una vocale come ad esempio ba, be, bi, eccetera”, conferma Marchesi. “Si tratta dell’esempio più antico di scrittura di tal genere. In un certo senso possiamo dire che gli Elamiti, come gli antichi Egizi, inventarono l’alfabeto già nel III millennio a.C., anche se la loro scrittura non divenne mai una scrittura puramente alfabetica”.

Gli oltre quaranta testi in elamico lineare finora noti sono stati adesso tradotti pressoché completamente dal gruppo dei cinque studiosi, rivelando un’eccezionale messe di dati storici e culturali. L’edizione integrale dei testi è in corso di stampa a Bologna nella serie open access “OrientLab Series Maior”.

L’elamico è una delle lingue più antiche della storia dell’umanità che siano giunte fino a noi. A tutt’oggi rimane un idioma isolato (non è stato possibile stabilire alcuna parentela linguistica tra questo e una qualsivoglia altra lingua nota) e ancora non del tutto compreso. La decifrazione dell’elamico lineare ha rivelato, tra le altre cose, vari aspetti inediti di tale lingua. Gli studiosi sperano ora che le conoscenze acquisite sull’elamico lineare possano aiutarli a comprendere anche la scrittura sua antenata, l’ancor più arcaico proto-elamico, usato in Iran negli ultimi secoli del IV millennio a.C., contemporaneamente al proto-cuneiforme in Mesopotamia e ai primi geroglifici in Egitto.

Lo studio con la decifrazione dell’elamico lineare, che ha già ricevuto riscontri positivi da parte dei maggiori studiosi internazionali, è stato pubblicato sulla rivista Zeitschrift für Assyriologie und Vorderasitische Archäologie con il titolo “The Decipherment of Linear Elamite Writing”. Per l’Università di Bologna ha partecipato Gianni Marchesi, professore di Assiriologia presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà. Il gruppo internazionale di ricerca che ha lavorato alla decifrazione dell’elamico lineare comprende anche Gian Pietro Basello (Università di Napoli “L’Orientale”), François Desset (Università di Teheran e CNRS team Archéorient [UMR 5133], Maison de l’Orient et de la Méditerranée, Lione), Matthieu Kervran (ricercatore indipendente che vive in Francia) e Kambiz Tabibzadeh (Eastern Kentucky University).

Immagini, in alto: Iscrizione in elamico lineare su coppa d’argento decorata – dettaglio (Fonte: Asor), in basso: Testo in lingua elamica scritto sia in elamico lineare che in cuneiforme (Fonte: Asor)

Ora in onda:
________________