“Negli ultimi quindici anni in regione gli sportelli bancari si sono ridotti di oltre il 40%, passando dai 3623 del 2008 ai 2171 del dicembre 2022. Una perdita quindi di 1452 sportelli segnata dalla fuga dei grandi gruppi e da una sostanziale tenuta, in particolare, del Credito Cooperativo, passato dai 414 sportelli del 2008 ai 399 del 2022. Nonostante questo, in Emilia-Romagna su 330 Comuni sono solo 25 quelli che non hanno neanche uno sportello bancario, ciò significa che il 92,42% dei Comuni esistenti ne ha almeno uno, ben al di sopra sia della media nazionale (60,13%) sia delle regioni limitrofe come Lombardia (66,80%), Veneto (82,59%), Toscana (90,48%) e Marche (73,78%)”.

 

Così Stefano Manzi, segretario generale aggiunto dei bancari (First) della Cisl Emilia-Romagna, nel tardo pomeriggio di ieri a Bologna nel corso del convegno “Banche in fuga”. Un’iniziativa in cui la categoria cislina ha presentato una dettagliata analisi sulla presenza degli istituti di credito sul territorio, sintesi ricavata dalla ricerca “Dalla foresta pietrificata ai gruppi bancari. Il credito locale fattore di moderazione”, redatta dall’Osservatorio della stessa First Cisl ER.

Una presentazione con cifre alla mano su cui, dopo il saluto di Filippo Pieri (segretario generale Cisl ER), si sono confrontati Barbara Camporeale (presidente RomagnaBanca), Daniele Ravaglia (direttore generale EmilBanca), Nicola Sbrizzi (direttore generale La Cassa di Ravenna),  Riccardo Colombani (segretario generale First Cisl nazionale) e, in collegamento video, Davide Baruffi (sottosegretario alla Presidenza della Giunta della Regione ER).

“Inoltre – continua Manzi – se si sposta il focus sulle singole province, si noterà subito come quello maggiormente penalizzato sia quello bolognese (-347 sportelli dal 2008 al 2022), seguito sul poco ambito podio anche dalle province di Modena (-225) e Reggio Emilia (-158). Nello stesso tempo, sempre mantenendo l’attenzione sul territorio, si potrà vedere come nel piacentino ci siano ben 8 Comuni senza alcun sportello bancario, 7 nel riminese e 3 nella provincia di Bologna, mentre nella provincia di Parma sono addirittura 15 i Comuni con un solo sportello, 10 a Modena, 9 a Piacenza 7 a Forlì-Cesena”.

“Dati – sottolinea il segretario generale della Cisl ER Filippo Pieri – che destano non poche preoccupazioni specie perché rischiano di compromettere la stessa coesione sociale del territorio abbandonato dalle banche, visto che mettono in forte difficoltà le fasce anziane della popolazione, vale a dire quelle che pur detenendo una quota importante di risparmio fanno meno ricorso ai servizi bancari online. Senza contare, nello stesso tempo, le complicanze a cui vanno incontro anche le piccole imprese, soprattutto nell’assicurarsi con tempestività il credito necessario. Problematiche che naturalmente s’ingigantiscono, come sovente accade, quando le chiusure degli sportelli bancari interessano le zone montane”.

“All’origine della desertificazione bancaria c’è la scelta, compiuta dalla politica europea, e soprattutto nazionale, di privilegiare il modello della banca-impresa a capitale privato e a carattere universale riguardo alle attività. L’esigenza di garantire la stabilità è indubbiamente fondata, ma è stata perseguita a danno della ‘biodiversità’ bancaria. Lo dimostrano la riforma delle banche popolari e quella del credito cooperativo”, incalza il segretario generale nazionale First Cisl Riccardo Colombani.

“Il modello di banca-impresa – prosegue il dirigente nazionale cislino – è portato alla massimizzazione dell’utile, ma la ricerca del profitto a breve conduce inevitabilmente al taglio dei costi e pregiudica il ruolo sociale. Le nuove regole in discussione in Europa sulla risoluzione delle banche di medie dimensioni rischiano di aggravare ulteriormente questa tendenza. È opportuno quindi che la politica italiana avvii una riflessione sull’industria bancaria che parta dalla valorizzazione delle diversità tra le banche da un punto di vista dimensionale, di tipologia di business, di forma societaria, senza pregiudizi verso le banche pubbliche”.

“Occorre incentivare i capitali pazienti. La territorialità e la stabilità della compagine sociale sono elementi imprescindibili per politiche del risparmio e del credito orientate allo sviluppo economico duraturo ed inclusivo”, conclude Colombani.

 

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