Anche se l’ultima vendemmia è andata bene, nubi scure si addensano all’orizzonte del Lambrusco, stretto nella tenaglia tra problemi fitosanitari, aumento dei costi e calo dei consumi.

Le preoccupazioni giungono da Confcooperative Modena che, come di consueto in questo periodo dell’anno, ha raccolto e analizzato i dati della vendemmia appena conclusa.

È leggermente diminuita l’uva conferita quest’anno dai soci delle quattro cantine aderenti a Confcooperative Modena, le quali trasformano il 60% dell’uva coltivata nella nostra provincia.

Il prodotto consegnato negli stabilimenti della Cantina di Carpi e Sorbara, S. Croce di Carpi, Formigine Pedemontana e Settecani di Castelvetro ha raggiunto i 665.880 quintali. Rispetto al 2021 si registra un calo del 3,9%, ma con un andamento differenziato a seconda delle uve. A fronte di un -8,3% del Lambrusco, infatti, si registra un +15/16% sia per l’Ancellotta (rossissimi) che per le uve bianche.

«Il calo nella produzione dell’uva da Lambrusco è dovuto alla recrudescenza della flavescenza dorata, la malattia della vite che da qualche anno è tornata a essere un vero e proprio flagello per i nostri vigneti – dichiara Carlo Piccinini, presidente di Confcooperative Modena e vicepresidente della Cantina di Carpi e Sorbara – Negli ultimi anni alcune aziende hanno perso fino al 20-25% degli impianti e la situazione è destinata a peggiorare, se non troviamo soluzioni efficaci per fermare il contagio. Gli enti preposti eseguono i controlli, ma il percorso di riduzione dei fitofarmaci non agevola i risultati dei trattamenti».

Nonostante questo problema, che preoccupa le cooperative soprattutto per il futuro, il bilancio della vendemmia appena conclusa può essere considerato soddisfacente.

«La prolungata siccità estiva aveva fatto temere cali maggiori. Invece abbiamo valori in media con gli ultimi anni e anche la qualità è buona – assicura Piccinini – Le uve sono belle e sane, con un’acidità e un grado zuccherino che ci consentiranno di produrre vini buoni e profumati».

Terminata la vendemmia, ora lo sguardo delle cantine cooperative modenesi associate a Confcooperative è rivolto al mercato, che purtroppo oggi non lancia segnali incoraggianti.

«Il calo generalizzato dei consumi si sta riflettendo sulla vendita di bottiglie nella grande distribuzione organizzata – afferma Piccinini – Allo stesso tempo aumentano i costi energetici e delle materie prime cosiddette “secche”: vetro, etichette, cartoni, tappi. Questi rincari pesano sui prezzi dei nostri vini, che non possiamo aumentare, visto l’andamento delle vendite.

Dobbiamo, perciò, investire sempre più sulla qualità del Lambrusco e sulla nostra capacità di farlo apprezzare dai mercati. Per questo le nostre cantine chiedono una sterzata sulle denominazioni: di abbandonare, cioè, l’Igt (Indicazione geografica territoriale) e puntare tutto sulle Doc, che prevedono controlli più rigorosi.

Questo permetterebbe a noi produttori di difenderci meglio dalle imitazioni e garantirebbe ai consumatori un prodotto realizzato al 100% nel nostro territorio.

In definitiva – conclude il presidente di Confcooperative Modena – dobbiamo arrivare a produrre meno Lambrusco, ma sempre più buono».

 

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