Il diabete è la malattia più diffusa a livello globale nella fascia di età tra i 20 e i 70 anni. In Italia ci sono almeno 4 milioni di diabetici e l’incidenza della malattia ha subito un incremento del 60% negli ultimi vent’anni. Il diabete è causa di complicanze come infarti e coronaropatie, danni renali e retinopatia diabetica. Proprio di questi problemi si parlerà nel corso del Convegno “Occhio al diabete, il paziente diabetico in oftalmologia” in programma sabato 7 maggio in ospedale a Sassuolo.

Promosso dall’Unità Operativa di Oculistica diretta dal Dr Enrico Martini, l’evento formativo, accreditato ECM, sarà un momento di confronto tra diversi professionisti per affrontare il tema della Retinopatia Diabetica, prima causa di cecità in pazienti in età lavorativa e per la cui cura l’ospedale di Sassuolo ha un ambulatorio dedicato.

“L’incontro vuole essere un momento di confronto, a livello di organizzazione territoriale, e di riflessione sulla gestione del paziente diabetico a partire dal punto di vista dell’oculista ambulatoriale, passando dalla diagnostica e dai trattamenti para-chirurgici da parte dello specialista ospedaliero, per arrivare all’approccio del chirurgo vitreo-retinico, alla luce delle novità terapeutiche sia mediche che chirurgiche emerse negli ultimi tempi” spiega il Dr. Alessandro Pupino, Direttore Scientifico dell’evento. “È essenziale una valutazione precoce della malattia, allo scopo di instaurare il corretto percorso di trattamento per stabilizzare il danno e permettere in alcuni casi un certo recupero visivo. Negli ultimi anni la diagnostica si è arricchita di nuove strumentazioni che permettono, in maniera veloce e sempre meno invasiva, di documentare il livello del danno oculare” prosegue Pupino.

Sul fronte delle terapie, l’introduzione dei farmaci per uso intravitreale, che è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi 20 anni, rappresenta il principale trattamento per l’Edema Maculare e per la Retinopatia Diabetica Proliferante, capace di consentire il mantenimento della capacità visiva e quindi di quella lavorativa nonché della qualità di vita, impensabile fino a qualche anno fa. Queste iniezioni devono essere ripetute ad intervalli regolari, rappresentando un notevole impegno, in termini di tempo, sia per il paziente e per i suoi caregiver, incidendo sulla loro attività lavorativa, sia per la struttura ospedaliera che li deve organizzare e dispensare. Pertanto la ricerca si sta concentrando su farmaci, o dispositivi, a lunga durata d’azione, che riducano gli accessi ospedalieri e per la somministrazione e per le visite di controllo”.

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