Foto di Adam Radosavljevic da Pixabay

E’ un 8 marzo particolarmente amaro per le donne, specie per imprenditrici e lavoratrici. La pandemia da Covid19 ha fortemente penalizzato il lavoro femminile anche a Reggio Emilia. I numeri mostrano come la tendenza positiva, registrata negli ultimi 26 anni, si sia arrestata di colpo con l’arrivo del Coronavirus. Secondo la rilevazione Istat di fine anno i posti di lavoro persi nel 2020 in Italia riguardano per oltre il 90% le donne.

L’analisi del Centro studi Lapam Confartigianato non fa che confermare queste tendenze. I dati al III trimestre 2020 indicano 25 mila donne occupate in meno in Emilia Romagna, metà delle quali lavoratrici indipendenti: 13 mila in meno nel periodo luglio-settembre 2020 rispetto allo stesso periodo 2019, pari ad un calo del -8,2%. Sono 13 mila in meno anche le lavoratrici dipendenti, pari ad un calo del -1,7%. “La pandemia, oltre ad aver provocato la chiusura di attività che erano in buona salute, ha generato un calo significativo di fatturato in quelle rimaste aperte”, afferma Cinzia Ligabue, presidente del Gruppo donne Lapam. Infatti la riduzione di fatturato 2020 registrata dalle imprese femminili rispetto a quelle maschili risulta più pesante e pari al -27,7% (maggiore rispetto al calo del 24,3% registrato in media da MPI gestite da uomini). “Confrontando il numero di imprese artigiane registrate nel 2020 rispetto a quelle del 2019 si rileva una maggiore difficoltà, per calo più accentuato, da parte di imprese artigiane gestite da giovani, imprese gestite da donne di nazionalità italiana e di imprese attive nel settore manifatturiero e dei servizi alle persone. Questa differenza è dovuta, in gran parte, ai problemi legati alla gestione dei figli e dei familiari. Le imprenditrici, e il loro fatturato, hanno pagato questo impegno supplementare e la mancanza di servizi adeguati”, sottolinea Ligabue. Basti pensare che secondo lo studio in Emilia Romagna i servizi di supporto per figlie e/o anziani non autosufficienti sono considerati pienamente adeguati dal 4,8% degli intervistati, adeguati ma migliorabili dal 39,5% e non soddisfacenti dal 23% (il 32,7% non sa rispondere). Inoltre il gap sulla retribuzione tra uomini e donne resta molto alto: a Reggio Emilia la differenza di retribuzione media annua è di 29.314 euro per un uomo e di 19.357 euro per una donna, con uno spread di 9.957 euro. Infine a Reggio nel 2020 sono 9.998 le imprese femminili, di queste 2.592 sono artigiane.

Ligabue conclude: “I dati dimostrano che nell’emergenza vi è una situazione di crisi tutta al femminile. In questo momento chi perde il lavoro sono in maggioranza donne e anche tra le imprese vi è un calo sostenuto tra quelle a guida femminile a causa della difficoltà nella gestione dei tempi di cura familiare. Siamo convinti come Lapam che le risorse del Recovery Fund debbano in parte essere utilizzate anche per azioni mirate a rafforzare l’imprenditoria femminile, a partire dalle imprese esistenti, fino ad incentivare la creazione di micro e piccole imprese, sostenendone la competitività e l’accesso al credito. Nello stesso tempo è necessario affrontare quelle disparità di genere che impediscono di fatto alle donne di esprimere fino in fondo le loro capacità professionali e imprenditoriali”.

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