“La cosa che mi ha colpito di più durante quest’anno di pandemia? La solitudine, la sofferenza e a volte il senso di colpa dei pazienti ricoverati per Covid nei nostri reparti di Medicina Interna. I carichi di lavoro per gli operatori sono stati elevatissimi, ma sono orgoglioso di poter dire che nessuno si è tirato indietro”.

Parte da questa considerazione il bilancio del dottor Giorgio Cioni, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Riabilitazione dell’Azienda USL di Modena, sui dodici mesi di attività legata all’assistenza ai pazienti Covid. Sin dall’inizio della pandemia, le Medicine Interne degli ospedali di Mirandola, Carpi, Vignola e Pavullo hanno rivestito un ruolo determinante all’interno della rete provinciale allestita per fare fronte all’emergenza, sostenendo un peso importante in termini numerici e non solo. Dal febbraio 2020 a oggi sono stati più di 3.500 i pazienti positivi ricoverati in provincia: circa il 60% (oltre 2.000 malati) è stato assistito proprio nei reparti di Medicina Interna.

“Molti di questi pazienti, grazie alle cure ricevute nelle Medicine Interne, hanno potuto evitare il trasferimento in terapia intensiva – sottolinea il dottor Cioni –. L’anno scorso, quando abbiamo dovuto allestire i nostri reparti per assistere i pazienti Covid, avevamo già una situazione abbastanza “movimentata”: nel 2019 l’indice di saturazione dei posti letto si attestava al 95%. Durante la prima ondata, con la sospensione dell’attività programmata, la collaborazione degli specialisti ci ha consentito di reggere l’urto. Inoltre la sospensione degli interventi non urgenti ha permesso l’espansione delle Medicine Interne nelle aree chirurgiche, così come, complice il lockdown, si sono ridotti gli accessi ai Pronto Soccorso per traumi o altro. È anche rilevante segnalare come alcune patologie “tradizionali” del periodo invernale come le riacutizzazioni bronchitiche e le polmoniti non causate dal Covid hanno dimostrato un trend in netta riduzione, grazie ai comportamenti preventivi adottati. Nella seconda ondata la pressione è stata molto forte, gli operatori si sono fatti carico di una situazione emergenziale con turni pesanti, a cui si è aggiunta la paura di infettarsi. Abbiamo fatto i conti con un modo di lavorare nuovo, che ha richiesto tante energie, soprattutto mentali”.

L’attività messa in campo dalle Medicine Interne si è innestata all’interno di una rete provinciale, “che ha funzionato benissimo, così come i protocolli condivisi con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria e con l’Ospedale di Sassuolo – prosegue Cioni –. Da questa pandemia abbiamo imparato molto, non solo in relazione all’attualità. La gestione dell’emergenza richiede una dose notevole di flessibilità nell’organizzazione e di capacità di gestire problematiche complesse, doti di cui faremo tesoro anche per il domani. La Medicina Interna ha un futuro importante nell’ambito del ricovero e mi fa piacere sottolineare come nei piani governativi del next generation EU venga raccomandato un recupero e un potenziamento del personale medico per alcune discipline specialistiche, citando espressamente la medicina interna. Per noi internisti è un importante riconoscimento. Si sono fatti passi avanti considerevoli, ad esempio per quanto riguarda le dimissioni protette, a vantaggio delle persone fragili. In questo l’integrazione con il territorio nella nostra provincia è molto migliorata. E poi c’è il tema dell’umanizzazione delle cure: i pazienti si sentono soli, con i sensi di colpa che pervadono anche i famigliari per il timore di aver contagiato il proprio caro, le videochiamate sono un modo per contrastare la solitudine e la sofferenza, a volte con ricadute positive anche dal punto di vista clinico. Concludo rimarcando la mia forte preoccupazione nel dover fronteggiare nei prossimi giorni una ripresa dei ricoveri, che ci metterebbe in notevole difficoltà. Ritengo necessario e fondamentale un richiamo al rispetto delle regole e delle misure di prevenzione, come l’utilizzo della mascherina, l’igiene delle mani, il distanziamento interpersonale”.

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