Apprendiamo di un recente sfregio nazista (svastiche) e intrinsecamente fascista (a nostro giudizio) all’automobile di un lavoratore senegalese, da anni residente a Sassuolo, resa inutilizzabile.
Niente giustifica un atto di ferocia e odio simile. Chi lo ha fatto ritiene forse di poter godere di impunità? Il grido di giustizia deve sempre rimanere inascoltato? Chi si vanta che allontanare i poveri e i barboni realizzi una città ordinata ( e ingiusta) cosa può dire di questi atti?
Siamo di fronte a una delle tante «lezioni di disumanità» di cui scrive Alberto Meschiari il quale, senza semplificare un problema complesso dai risvolti sociali, economici e politici, propone di abbandonare la virilità intesa come violenza e sopraffazione: «La rinascita dell’uomo sta nel riconoscere l’altro da sé mantenendolo nella sua alterità, nell’armonia dei differenti, senza volerlo ridurre a se stesso».
Noi riconosciamo nell’auto sfregiata la stessa volontà di dominio che si esercita sulla donna sfigurata dall’acido, sul bambino violentato, su chi esprime una diversa identità sessuale pestato e umiliato, sulle etnie perseguitate, sulle civiltà annientate, su chi esprime un pensiero divergente rispetto al dominante censurato e incarcerato. Virilità come annientamento di coloro che non condividono gli stessi stili di vita, ideali, linguaggi, pensieri, valori nostri. Questo è fascismo oggi, è il fascismo eterno.
Ma non solo: quel gesto di odio riduce il lavoratore straniero proprietario dell’auto, all’auto stessa.
In un saggio Didier Fassin si chiede: «Quanto vale un essere umano?». Quanto vale non in astratto. In concreto. Noi chiediamo al nazista violento che ha sfregiato l’auto quanto vale per lui la vita del lavoratore ( che ha un nome e cognome, è un singolo, tutta la sua vita precede quell’auto, non è quell’auto). In un tempo che si riempie la bocca del valore inestimabile della vita (il diritto alla vita come inalienabile), la società, e la politica, alcuni uomini, danno diverso valore alla vita umana. Le vite oggi sono ineguali. Dunque la vita di quel lavoratore è una vita ineguale? Dobbiamo accettare che l’etica e la politica divergano a tal punto nel nostro mondo, nella comunità sassolese in cui viviamo?
Per parte nostra noi di ANPI seguiamo e indichiamo la via secondo la quale la virilità, o meglio l’umanità (“Restiamo umani” ci ricorda Arrigoni) si misura dalla capacità di indicare strade su cui andare insieme con rispetto per l’identità di ciascuno, senza prevaricazioni. E aspettiamo giustizia dalla politica. Per il lavoratore, come per Giulio. Le loro vite non sono ineguali.
Per il Comitato comunale di A.N.P.I.-Sassuolo – Maria Antonia Bertoni