Ameya Gabriella Canovi, psicologa e PhD, è esperta nello studio delle relazioni e della dipendenza affettiva e ha una lunga esperienza di sostegno a persone imprigionate in dinamiche disfunzionali. Già ospite di Novellara in diverse occasioni per parlare di dipendenze affettive e riflettere sulla violenza di genere, sabato 11 novembre sarà al Teatro Tagliavini, nell’ambito delle iniziative per la Giornata mondiale per la violenza contro le donne, con la presentazione del suo secondo libro, Di troppa (o poca) famiglia, un’importante riflessione su come la famiglia, “luogo” da cui proveniamo, possa condizionare le nostre scelte in ambito relazionale e affettivo.

Quando pensiamo alla famiglia, la prima immagine che ci viene in mente è, con buona probabilità, quella di due genitori e dei relativi figli. D’altronde, oggi il concetto di famiglia è talmente interiorizzato e condiviso che quasi mai si riflette sul suo reale significato e sul ruolo che gioca nella vita di ognuno di noi. C’è persino chi sostiene di non averne una, ignorando che famiglia si è, prima di tutto, con se stessi: tutti noi, che ci piaccia o no, siamo anche la somma delle storie di chi ci ha preceduto. Proprio di questo tratta Ameya Canovi nel suo nuovo libro, partendo dal presupposto che ogni nucleo familiare è come un albero: le radici, forti oppure fragili, lo nutrono e sostengono, e i rami crescono dando origine, in alcuni casi, a foglie e frutti, in altri restando «a maggese». Insieme a coloro che sono venuti prima, quest’albero forma una foresta che può essere prospera e rigogliosa o, al contrario, poco accogliente. Trovare il coraggio di prendere il proprio vissuto e addentrarsi in quel bosco alla scoperta delle tracce di chi ci ha preceduto non è facile. Spesso, però, è l’unico modo per conoscere davvero se stessi. È questo il viaggio in cui ci accompagna l’autrice: fra trattazione, ricordi personali, soste riflessive e testimonianze in cui ogni lettore può riconoscersi, dimostra come ricostruire la propria storia familiare sia fondamentale per scoprire le proprie eredità emotive, la presenza di traumi transgenerazionali, il modo in cui ci relazioniamo a noi stessi e agli altri. Tenendo a mente che, qualunque siano la nostra storia e le nostre radici, è sempre possibile prendersi cura delle ferite e trasformarle in risorse.

Appuntamento sabato 11 novembre alle 16:30, ingresso libero fino ad esaurimento posti.

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