Il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia, per un valore di 580 miliardi di euro nel 2022, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, alla crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina e allo scenario dettato dai cambiamenti climatici. Il made in Italy agroalimentare vale oggi quasi un quarto del Pil nazionale. Se puntiamo lo sguardo sul comparto in Emilia Romagna, il rapporto 2022 della Regione evidenzia come il valore della produzione che si è attestato attorno ai 5,8 miliardi di euro, registrando un aumento su base annua di 455 milioni, pari ad un incremento dell’8,5%. Bene anche le esportazioni dell’Emilia-Romagna di prodotti agroalimentari che nel 2022 hanno superato i 9 miliardi di euro, quasi il 16% di quanto venduto all’estero dall’Italia.

È quanto emerso dal confronto organizzato oggi dalla Fai-Cisl Emilia Romagna, federazione agroalimentare e ambientale della Cisl, in una giornata di formazione che ha coinvolto il gruppo dirigente.

“L’Emilia Romagna si contraddistingue anche per le 44 Dop alimentari e le 30 Igp sul vitivinicolo, che rendono le produzioni regionali importanti non solo in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi – ha sottolineato il segretario generale Fai Cisl Emilia Romagna Daniele Saporetti, che ha aperto l’incontro – Le alluvioni dello scorso maggio hanno messo in ginocchio il settore, con oltre 10 miliardi di danni subiti dalle aziende, già appesantite da altri effetti dei cambiamenti climatici, che già colpiscono il comparto. Sono migliaia i posti di lavoro a rischio, e il dialogo di oggi tra sindacato e impresa è occasione per definire un percorso comune da avviare”.

Alla tavola rotonda sono intervenuti il Segretario Generale Fai-Cisl nazionale Onofrio Rota, il Direttore Generale di Agrintesa Cristian Moretti, Fabio del Miglio, Direttore Generale di Greci e Marco Stoppa, coordinatore sviluppo prodotti di Orogel, moderati da Monica Lattanzi.

“L’agroalimentare è un settore strategico e in grande trasformazione con una presenza, soprattutto in agricoltura, del 35% di lavoratori immigrati, che nel 2030 saranno secondo le nostre proiezioni il 50% del totale – ha detto il Segretario Generale Fai-Cisl Onofrio Rota – Il dialogo continuo con il mondo imprenditoriale è funzionale a individuare azioni che sappiano mutare le criticità in opportunità. Gestione dei flussi migratori lungimirante, formazione e inclusione, valorizzazione degli enti agricoli bilaterali territoriali, potranno dare risposte su tanti fronti, soprattutto alla carenza di manodopera. Continua, su questo ambito, la nostra lotta per la legalità, per il superamento dei ghetti e per il contrasto allo sfruttamento del lavoro irregolare, con la campagna “Mai più ghetti” e con il monitoraggio alla clausola di condizionalità sociale nella PAC. Ma serve lavorare anche sulle professionalità, affrontare in maniera strutturale l’emergenza climatica, investiresulla sicurezza, sull’innovazione. Non ultimo – ha aggiunto Rota – aumentare il coinvolgimento dei lavoratori nei processi aziendali, come propone la legge di iniziativa popolare lanciata dalla Cisl: così si potrà dare vero rilancio al comparto e aumentare qualità e reddito del lavoro nell’agroalimentare”, ha concluso il sindacalista.

 

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