Come è noto, spesso il Distretto Sanitario dell’Area Nord modenese non riesce a reclutare medici e infermieri, anche a causa delle difficoltà a reperire case in affitto. Il problema dell’alloggio per i lavoratori non è solo di carattere economico (a Mirandola gli affitti arrivano a superare gli 800 euro al mese, ma anche nelle aree limitrofe le cose non vanno meglio), ma soprattutto di carattere quantitativo.
Infatti il numero di alloggi per l’affitto presenti sul territorio è ampiamente inferiore al numero di alloggi necessari non solo per lavoratori “fuori sede”, ma anche per famiglie e studenti, rispecchiando, anche a livello locale, le problematiche emerse a livello nazionale ed esplose in queste settimane all’onore delle cronache tramite la mobilitazione nazionale degli studenti, lanciata dall’Unione degli Universitari, con lo slogan ‘Senza casa, senza futuro’.
La denuncia arriva da Cgil e sindacato pensionati Spi Cgil della zona di Mirandola, che assieme al sindacato inquilini Sunia Cgil, chiedono ai Comuni del Distretto di aprire un confronto sulle politiche abitative, visto che i provvedimenti fin qui adottati, non sono stati efficaci.
“Vorremmo quindi iniziare da un’analisi della situazione per arrivare a un vero e proprio “Patto per la casa” che riguardi tutta l’Area Nord” affermano Marco Bottura coordinatore Cgil, Massimo Tassinari (Spi/Cgil) e Marcello Beccati (Sunia Cgil).
Il problema dell’insufficienza di alloggi per la locazione, assieme al caro-affitti, non riguarda quindi solo i professionisti della sanità, che sempre più spesso arrivano da lontano, ma colpisce anche molti lavoratori del settore industriale, in particolare quello del biomedicale.
Per questo occorre una nuova politica e un progetto complessivo di diritto alla casa, all’interno del quale devono essere individuate anche forme di sostegno abitativo per lavoratori “fuori sede”, altrimenti il concetto stesso di mobilità lavorativa rischia di scomparire nel nostro Paese, bloccando ulteriormente le sue possibilità di sviluppo ed evoluzione sociale.
“Noi pensiamo – ribadiscono Bottura, Tassinari e Beccati – sia arrivato il momento di mappare il patrimonio abitativo sfitto, pubblico e privato, istituendo fondi a favore dei Comuni per cofinanziare l’acquisto e la ristrutturazione di alloggi e la possibilità di intervenire su aree dismesse. Così da poter immettere sul mercato, in tempi celeri e certi, tutto quel patrimonio “non abitato” che oggi alberga in gran parte delle città di questo paese.
La sanità e il settore produttivo hanno bisogno di personale per funzionare al meglio e per questo – concludono Cgil-Spi e Cgil-Sunia – la comunità deve rendersi responsabile, per assicurare la sostenibilità economica di chi vorrebbe diventare un nuovo residente”.