Il Tribunale di Bologna ha emesso, su richiesta della Procura della Repubblica – DDA, coordinata dal dott. Giuseppe Amato, cinque condanne per associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti di cinque imputati che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato.

In particolare nel marzo 2022 la Polizia di Stato della Questura di Reggio Emilia, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, dott. Roberto Ceroni, l’esecuzione di dieci misure cautelari carcerarie emesse dal GIP distrettuale a carico di altrettante persone, tutte nigeriane, gravemente indiziate di associazione a delinquere di stampo mafioso e, a vario titolo, di altri reati (rissa, lesioni, rapina) aggravati dal metodo mafioso.

I destinatari di misura cautelare, ed altri 15 soggetti destinatari di decreto di perquisizione e sottoposti ad indagine nel medesimo procedimento penale, sono indiziati di appartenere a due Cults, diretta promanazione delle confraternite operanti in Nigeria e precisamente “Supreme Vikings Confraternity” e “National Association of Air Lords”, conosciuta anche come “Supreme Eiye Confraternity”.

In particolare, nel corso del 2018, nell’ambito di una indagine volta al contrasto di un traffico di sostanza stupefacente, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia (interamente definita con 24 arresti in flagranza di reato [1] ed il sequestro di 110 Kg di marijuana e 300 grammi di cocaina) si era rilevata l’esistenza di un contrasto in atto, culminato anche con violente aggressioni, consumate in taluni casi con l’uso di armi da taglio e sfociate in lesioni anche gravi, tra due gruppi di cittadini nigeriani appartenenti a due Cults contrapposti.

Le emergenze investigative relative all’esistenza di due “locali” della strutturata, radicata e consolidata mafia di matrice nigeriana in Reggio Emilia, comportava il passaggio del fascicolo, alla Procura della Repubblica di Bologna. All’indagine veniva applicato, anche, il Pubblico Ministero reggiano titolare dello stesso fascicolo, in ragione della stretta connessione con questo capoluogo.

La paziente attività di analisi e valorizzazione di dati già emersi in altri procedimenti penali da parte degli investigatori della Squadra Mobile, poi, consentiva di ricostruire, sin dall’anno 2015, la presenza ed operatività, in Reggio Emilia, della mafia nigeriana.

Venivano raccolti indizi di colpevolezza in ordine a numerosi e gravi reati consumati in Reggio Emilia, il cui movente era da attribuire a contrasti tra Cults; a titolo di esempio, nell’anno 2015, una violentissima rissa scoppiata all’esterno della stazione ferroviaria reggiana e, in successione, altri cruenti analoghi fatti, verificatisi negli anni seguenti, che avevano suscitato notevole allarme sociale,  con scontri tra opposte fazioni, a causa dei quali i protagonisti avevano subito gravi lesioni e reati contro il patrimonio, accaduti presso il complesso industriale dismesso delle ex officine Reggiane.

Quattro persone sono state condannate quali appartenenti all’associazione denominata Eiye ed una, invece, quale appartenente alla contrapposta associazione denominata Viking. Tra i condannati, alla pena di anni 6, figura, nella ipotesi di accusa, il vertice, della locale Eiye operante a Reggio e Modena, nonché un ulteriore associato che, nel corso della guerra tra i due gruppi, aveva subito uno sfregio, permanente, al viso.

[1] In sede di udienza di convalida avanti al GIP il PM ha proceduto, secondo una strategia investigativa proposta da questa Squadra Mobile, alla contestazione, anche, dei pregressi reati di traffico di stupefacente emergenti dalle captazioni.

 

Così il Questore di Reggio Emilia, Giuseppe Ferrari:

“La condanna emessa il 22 febbraio 2023 in primo grado, dal Tribunale di Bologna a carico di cinque persone, per il grave reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, conferma un ulteriore brillante risultato, conseguito dalla Polizia di Stato, che, sotto la guida della D.D.A. della Procura presso il Tribunale di Bologna, svolge, nella provincia di Reggio Emilia, una costante e metodica opera, volta a contrastare anche le nuove insidie criminali, attraverso una innovativa metodica investigativa.

Al di là delle responsabilità individuali, che andranno definitivamente accertate nelle sedi opportune, la sentenza ha infatti dimostrato la capacità di saper leggere il contesto emergente dal territorio.

In particolare, la Questura aveva rilevato un possibile rischio di infiltrazione e radicamento dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, di matrice nigeriana e, di concerto con le Autorità Giudiziarie, Circondariale e Distrettuale, si è mossa secondo un duplice binario, ovvero, nel breve-medio periodo è stata monitorata e poi repressa, con arresti in flagranza ed esecuzioni di misure emesse per reati fine, la criminalità nigeriana operante nelle ex officine Reggiane, ove sarebbero avvenuti gran parte dei gravissimi reati contestati, per evitarne il radicamento e, al contempo, si è voluto perseguire un ulteriore obiettivo strategico, che è stato quello di ricostruire, pazientemente, l’organizzazione del gruppo, al fine di documentare l’operatività e la struttura, che il G.I.P., in via cautelare prima, ed il Tribunale, in sede di primo grado poi, hanno ritenuto avere i connotati della associazione a delinquere di stampo mafioso.

Il fatto che i delitti siano avvenuti nelle ex officine Reggiane e che alcuni dei condannati fossero lì “domiciliati”, costituisce, inoltre, un ulteriore significativo riscontro, sulla importanza dei servizi svolti per anni dalla Polizia di Stato in questo sito industriale dismesso, culminati con la definitiva bonifica e la restituzione dell’area alla città di Reggio Emilia”.

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