È scomparsa Andreina Bertelli, artista formiginese. Il Sindaco Maria Costi esprime parole di cordoglio e vicinanza alla famiglia, per una figura di rilievo nel panorama artistico italiano e molto grata alla città nella quale abitava. Commovente fu, nel 2016, l’incontro pubblico presso l’auditorium Spira mirabilis con l’amica Dacia Maraini. Nel 2007 partecipò alla mostra “Binomi”, allestita all’interno del castello.

Il funerale civile si terrà domani (14 febbraio) alle 15, in piazza Calcagnini.

Andreina Bertelli è nata a Legnano (Mi) nel 1933, dal 1986 viveva a Formigine.

Il suo primo quadro è del 1945; da allora firma i suoi lavori con il cognome della madre. Molteplici le esperienze lavorative e formative: in fabbrica tessile a 14 anni, disegnatrice di stoffe, studentessa-lavoratrice pendolare tra Legnano e Milano, nell’immediato dopoguerra (nel 1950) frequenta la Scuola serale di nudo al Liceo Artistico di Brera. Nel 1954 sposa un pittore siciliano, Italo Zoda e si trasferisce in Sicilia dove, nel 1956, consegue il diploma al Liceo artistico di Palermo che le consente di insegnare disegno nelle scuole medie. Nel 1965 è a Roma, dove resta 21 anni e ha contatti con il gruppo femminista di Dacia Maraini, Edith Bruck e Adele Cambria. Nel 1985 apprende la tecnica dell’acqua forte. Da allora ha prodotto oltre trecento lastre di varie dimensioni che ne hanno fatto conoscere e apprezzare il valore di artista/incisore.

Inizia a partecipare a collettive nel 1951 con la “Mostra Collezione Tridenti Pozzi”; seguono altre esposizioni, importanti premi e segnalazioni. Nel 1993 esegue il libro d’artista “Dalla Memoria un gioco”, cinque incisioni per le edizioni di Roberto Gatti. Per i versi di Luciano Troisio esegue la cartella d’artista “Le poetesse cinesi” (Ad Isthmum). Nel 1996, il Comune di Cavezzo (Mo) le dedica un’ampia personale sull’opera incisa.

Nel 1997 il Comune di Formigine allestisce per lei una grande personale al castello della città. Nel 2000 espone “Figure nel mio studio” nelle sale della Provincia di Modena. Collabora con disegni e incisioni alla pubblicazione di poesie e testi letterari. I Comuni di Formigine, Modena e Gela scelgono un suo lavoro per il manifesto dell’8 marzo. Nel 2004, espone presso il Centro Documentazione Donna di Modena Il corpo dis-umano (Editrice Eidos) ed espone trenta acqueforti al Centro Culturale “Aleph” di Milano.

Ha allestito numerose personali in tutta Italia. Suoi lavori si trovano in importanti collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.

Scrisse di lei il critico d’arte Nadia Raimondi, a introduzione delle sue opere per la mostra “Binomi”:

“Di Andreina Bertelli abbiamo conosciuto e amato finora soprattutto le prove – tecnicamente sapienti e iconograficamente complesse – delle sue incisioni, che, con i disegni, ci dimostrano la forza di un segno che resta elemento sostanziale anche del suo fare pittorico.

Di lei si conosce la formazione autodidatta e la volontà di educare le sue doti con la frequenza – da giovanissima mentre già lavorava – della scuola del nudo di Brera, luogo che le ha consentito anche il primo onnivoro rapporto con la grande storia della pittura rinascimentale.

Ma al di là e oltre le tappe del suo percorso culturale, continuato in Sicilia e compiuto soprattutto nella Roma degli anni Sessanta e Settanta dove – oltre alle figure di musei e gallerie – incontra la letteratura e le personalità del femminismo militante condividendone l’azione, di Andreina Bertelli credo debbano essere affrontate le doti di infaticabile coerenza alle scelte pittoriche da lei compiute.

Figlia della grande matrice figurativa dell’arte italiana e radicata nel realismo della sua cultura d’origine, Andreina pratica la pittura come una cerimonia, per la riuscita della quale devono essere sempre rispettate alcune modalità: la resa dal vero delle cose rappresentate (con manichini travestiti, modelle, oggetti vari …) e l’esibizione delle abilità che portano la pittura a tradurre nel più ingannevole e virtuale dei mondi non solo le cose che ci circondano, ma molto di più quelle che stanno dentro di noi.

Di fronte alle complesse messe in scena costituite dai suoi quadri, dove un mosaico di immagini simboliche suggerisce tutto ciò che Bertelli sa e tutto ciò che ella stessa è, non si può che accettare di porsi davanti ad un palcoscenico dove si rappresentano – nella progettata e preordinata congerie di forme che vi sono contenute e nelle immagini che si danno in accostamenti o pose o dimensioni surreali che richiamano automatismi condivisi da arte e psicanalisi – le tappe di una vicenda autobiografica di/segnata da un immaginario tutto femminile, che ha per protagoniste assolute Andreina bambina e adulta, la figlia e ora la nipote …

Il quadro dunque come teatro che dà forma all’inconscio e, ancor più, all’autocoscienza dell’inconscio rievocato sotto forma di costanti figure maieutiche (la madama Dorè dell’infanzia gioca sempre seriamente… ) che introducono al racconto implicito nella presenza ripetuta di simboli vari tradotti dalle favole, dalle memorie, dai sogni e dalle esperienze (tre noci, l’unicorno, l’uovo, i saltimbanchi, il cortile, i travestimenti per gioco … ).

Davvero alla fine l’opera di Andreina è una viscerale e lucida autobiografia per immagini (A. Cambria), dalla quale però, a ben considerare, si resta sempre fuori, ammirati semmai per la perizia dimostrata, ma tenuti sulla soglia che Bertelli stessa segna nei suoi quadri, quando dipinge le sghembe cornici delle inquietanti scatole spaziali che conterranno, in ordine apparente, tutto il suo mondo.

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