A Montecatone l’impegno per offrire sollievo ai pazienti è massimo e differenziato tanto quanto l’origine del dolore. In ragione di ciò – e del fatto che il nocciolo del problema non sta solo dentro il perimetro meccanicistico perché la sofferenza è una posta aggiuntiva di stress a quella vissuta dal paziente a causa del suo trauma – le scelte sull’offerta terapeutica finalizzate a all’innalzamento della qualità della vita potrebbero prevedere, entro alcuni mesi, anche l’ipnosi.

«Il ventaglio di possibilità per chi soffre di dolori neuropatici è davvero ampio – spiega Monika Zackova, direttrice dell’Area Critica e responsabile della Terapia antalgica – e le dimostrazioni pratiche cui ho fatto assistere miei colleghi fisioterapisti hanno lasciato un’impressione favorevole che, a tratti, aveva assunto i tratti dell’incredulità».

A Zackova preme in questo senso ricordare il caso di un trentatreenne tetraplegico che a causa di una lesione alla parte superiore della colonna vertebrale non era mai riuscito a respirare autonomamente. «Sotto ipnosi lo ha fatto per tre ore di seguito e quando gli ho fatto vedere il filmato – racconta – stentava a crederci tanto quanto una paziente affetta da artrite reumatoide, incapace anche solo di passarsi una mano tra i capelli che, ipnotizzata, è riuscita a tenere il braccio alzato e in tensione davanti a sé per cinque minuti».

Per dimostrare che l’ipnosi funzioni, infatti, è necessario introdurre il concetto di monoideismo plastico che si realizza, in parole povere, quando una persona si concentra su un’idea così intensamente da trasformarla in una manifestazione fisica verificabile. Risultati che paiono strabilianti e che sono il frutto di una attività preparatoria particolarmente impegnativa perché, come aggiunge Zackova, il medico è in grado di indurre lo stato ipnotico nel paziente quand’è in possesso di un bagaglio di conoscenze abbastanza vasto. «In ipnosi – dice ancora – non si ordina, ci si esprime per metafore riconducibili all’habitat o ai ricordi di chi è in terapia».

Che l’ipnosi sia quindi utile nel percorso riabilitativo personalizzato cui vengono sottoposti i pazienti dell’Istituto è cosa acclarata. «Ne verificheremo la fattibilità in termini organizzativi, il mio auspicio è che possa diventare parte attiva del protocollo di cura», conclude Zackova.

 

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