In merito al tema del cosiddetto “payback sanitario”, il meccanismo che introduce un tetto alla spesa sostenuta a livello nazionale e regionale per acquisti di beni e servizi in ambito sanitario, in particolare per i dispositivi medici, chiamando a concorrere al ripiano dell’eventuale superamento del tetto le imprese fornitrici in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa a carico del Servizio Sanitario regionale, il presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi dichiara:

“Emerge – per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 – un saldo per il ripiano da parte delle imprese della nostra regione di più di 170 milioni di euro, da pagare entro i primi giorni di gennaio prossimo. Alcune nostre imprese si trovano nella condizione di dover versare importi superiori al milione di euro a brevissimo termine.

Ma il tema qui va oltre l’entità. È il principio base che sta nelle regole del mercato e dell’economia che è palesemente leso. Inconsapevolmente ci siamo ritrovati azionisti di un ente pubblico e compartecipiamo ai risultati della sua gestione, senza aver avuto voce in capitolo. Chi ha informato le imprese in modo puntuale prima dell’assegnazione della gara? E, soprattutto, cosa accadrà per il quadriennio ’19-’22?

Le aziende che hanno partecipato alle gare in questi anni lo hanno fatto senza sapere che la Regione stava acquistando con possibilità di rivalsa, non è accettabile che sette anni dopo si agisca in modo così perentorio, per cifre così importanti, richiedendo pagamenti a 30 giorni e lasciando sulle spalle delle imprese sia l’onere finanziario che quello economico nella fase di finalizzazione dei consuntivi dei propri bilanci.

Sappiamo che ci sono diversi emendamenti che chiedono il posticipo delle scadenze ad oggi in vigore e auspichiamo una revisione della norma sul payback, con effetto immediato, perché riteniamo profondamente ingiusto che un gruppo di imprese private, molte a proprietà internazionale, che generano occupazione e valore sul territorio, siano costrette a pagare il conto della sanità pubblica come se si fossero appropriate di risorse in modo indebito.

Siamo consapevoli che la gestione della sanità è un tema complesso e sempre più oneroso per consentire un’accessibilità a tutti. Tuttavia, non può essere il mondo dell’impresa privata a pagarne l’intero prezzo.

Non dimentichiamoci che molte delle nostre aziende, che generano occupazione sul territorio, lo fanno con headquarter fuori dal paese Italia, e in molti casi anche fuori dall’Europa. Questa pesante manovra a loro discapito manda in fumo, in un solo attimo, anni di sforzi per attrarre investitori esteri e convincerli della credibilità del sistema Italia. Non c’è peggior danno che si possa fare al nostro paese in questo momento”.

 

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