Si comincia banalmente a dimenticare alcune cose, si arriva dopo qualche anno al punto in cui non si riescono più a riconoscere nemmeno i familiari e ad aver bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici.

Sono gli effetti della malattia che prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per la prima volta nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici. I primi sintomi sono spesso erroneamente attribuiti all’invecchiamento o allo stress, mentre il decorso della malattia può essere rallentato se diagnosticato tempestivamente.

Domani, 21 settembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’Alzheimer istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1994 per informare e sensibilizzare su questa forma di demenza, che colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni (in Italia si stimano 600mila ammalati su oltre un milione di persone affette da demenza).  Oltre alla malattia di Alzheimer, che è la più frequente, esistono infatti un centinaio di diverse malattie cerebrali di natura degenerativa, vascolare o traumatica che possono causare la demenza.

Numerose le iniziative sul territorio regionale per sensibilizzare la comunità e per sostenere malati e familiari, da Piacenza a Rimini: convegni, maratone sportive, forum, mostre, camminate ricreative, passeggiate nei parchi, corsi per operatori e volontari, attività ludiche e motorie. Tutte accomunate da un interesse: combattere lo stigma ancora elevato che contribuisce all’isolamento di malati e famiglie.

I numeri in Emilia-Romagna

Il fenomeno delle demenze, in linea con le previsioni epidemiologiche legate all’invecchiamento della popolazione, non risparmia l’Emilia-Romagna, dove il 22% della popolazione ha più di 65 anni.

Al 31 dicembre 2021 i pazienti con demenza in carico al Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna erano 62.741, di cui il 50% circa affetto da forme medio-gravi. La prevalenza è di 22,6 per 1.000 abitanti; la percentuale rispetto alla popolazione residente (4.458.006) è dell’1,4%; quella delle persone rispetto alla popolazione ultra65enne (1.073.202) è del 5,8%.

Sul totale, la percentuale di malati di Alzheimer è del 60%. La fascia di popolazione affetta da forme di gravità maggiore (non autosufficienti) che fanno ricorso all’Assistenza domiciliare integrata sono il 20,1%, pari a 12.588 persone con demenza, quelle assistite in CRA sono il 26,2%, ovvero 16.424 persone, quelle in hospice sono l’1,1%, corrispondenti a 697 persone.

Nel 2021, nonostante il perdurare dell’emergenza legata alla pandemia da Covid-19, sono state valutate dal sistema sanitario regionale come prima visita 28.843 persone (erano state 20.687 nel 2020) ed eseguite 53.140 visite di controllo (41.619 del 2020), con 16.038 nuove diagnosi di demenza (rispetto alle 13.000 del 2020).

Inoltre lo scorso anno in Emilia-Romagna sono state effettuate 7.084 diagnosi di “Mild Cognitive Impairment” (Disturbo Neurocognitivo Minore), una condizione di rischio che deve essere attentamente monitorata per la sua possibile evoluzione in demenza. Ogni anno, i 63 Centri per i disturbi cognitivi e le demenze presenti sul territorio regionale registrano mediamente contatti con oltre 80mila persone (erano 60mila nel 2020) tra prime visite e controlli con una marcata tendenza di ripresa nel 2021, dopo la flessione dei contatti dovuta alle limitazioni imposte dalla pandemia.

Il ruolo della prevenzione

Attualmente la Regione è impegnata nella realizzazione degli obiettivi del Fondo Alzheimer previsto dal ministero della Salute, che per l’Emilia-Romagna ha individuato un primo stralcio di finanziamento nel triennio 2021-2023 pari a 927mila euro per sostenere la rete di diagnosi, cura ed assistenza dedicata alle demenze. Le Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna lavoreranno, anche con l’utilizzo di questo fondo, sull’implementazione della diagnosi precoce del disturbo neurocognitivo minore, sullo sviluppo della continuità assistenziale attraverso la telemedicina specialmente nelle aree più disagiate del territorio regionale, sulla realizzazione di interventi psicosociali come la stimolazione cognitiva o interventi di supporto al caregiver.

L’ultimo rapporto dell’Alzheimer’s Disease International, recentemente pubblicato, conferma infatti che esistono 12 fattori di rischio per l’insorgenza di questa patologia, e precisamente l’inattività fisica, il fumo, l’abuso di alcol, l’inquinamento ambientale, i traumi cerebrali, l’isolamento sociale, il basso livello di istruzione, l’obesità, l’ipertensione, il diabete, la depressione e la perdita dell’udito. Questi fattori, se adeguatamente controllati, possono ridurre di circa il 40 % i casi di demenza e vanno contrastati attraverso una forte azione sugli stili di vita e il monitoraggio sulle patologie croniche: ambiti, questi, su cui la Regione intende rafforzare ulteriormente il proprio impegno.

La Regione ha infatti approvato un progetto per la cura dei casi, ad esordio atipico e più aggressivo, che si verificano prima dei 65 anni: la cosiddetta demenza giovanile, che il miglioramento della capacità diagnostica e tecnologica del sistema sanitario permette di far emergere sempre più tempestivamente (già intercettati, alla fine del 2021, 1.421 casi di demenza giovanile). Inoltre si sta lavorando per fornire ai professionisti sanitari e sociosanitari e ai caregiver indicazioni precise per gestire queste persone a livello ambulatoriale, domiciliare e in contesti semiresidenziali e residenziali.

Ulteriore documentazione, informazioni, opuscoli informativi e dati sono disponibili sul sito della Regione Emilia-Romagna all’indirizzo https://salute.regione.emilia-romagna.it/socio-sanitaria/alzheimer

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