In forma ridotta e più sobria rispetto al tradizionale programma, nel rispetto delle disposizioni per il contenimento del Covid 19, oggi, Giornata nazionale della Bandiera, si è celebrato a Reggio Emilia il 225° Anniversario della nascita del Primo Tricolore, che nacque nella città emiliana il 7 gennaio 1797, quale bandiera della Repubblica Cispadana. la giornata si svolgerà in forma ridotta e più sobria rispetto al tradizionale programma delle celebrazioni.

Dopo la suonata a distesa della Campana Civica, in piazza Prampolini, alla presenza del ministro Patrizio Bianchi, del sindaco Luca Vecchi e delle altre autorità, l’alzabandiera, gli onori militari e l’esecuzione dell’Inno nazionale. Ad accompagnare i diversi momenti sarà la Fanfara del 3^ Reggimento Carabinieri Lombardia – Milano. Al termine della cerimonia, l’atterraggio di un paracadutista con una bandiera tricolore di 150 metri quadrati in piazza Prampolini: il lancio effettuato dal ‘Reparto Attività Sportive dell’Esercito’, parte della Brigata Paracadutisti Folgore.

Al termine dell’incontro in Sala del Tricolore, con il dono della Costituzione della Repubblica e della Bandiera italiana alle scolaresche della città da parte del sindaco Luca Vecchi e del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, lo stesso ministro ha scritto una dedica sull’Albo d’oro del Comune di Reggio Emilia, in ricordo della sua partecipazione al 225° anniversario del Primo Tricolore. Il ministro Bianchi ha scritto: “La Bandiera, simbolo di unità, ci guiderà anche in questi giorni difficili e ci porterà con tutti i nostri figli in una Italia migliore. Viva il Tricolore, viva l’Italia”.

Quindi, al Teatro Municipale Valli, i saluti del Sindaco, di Giorgio Zanni Presidente della Provincia di Reggio Emilia, dell’assessore regionale Alessio Mammi e l’intervento del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

La cerimonia è stata accompagnata dalle musiche della Banda della Polizia di Stato. Il sindaco Vecchi, inoltre, ha consegnato il primo Tricolore ai sanitari reggiani, come “riconoscimento per lo sforzo che stanno sostenendo nel corso dell’emergenza sanitaria”. La consegna è avvenuta davanti all’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio.

Oltre all’apertura del Museo del Tricolore di piazza Casotti 1 con visita guidata, nel pomeriggio in Sala del Tricolore il Concerto “Tricolore in viaggio…” Tetra Saxophone Quartet con Annalisa Ferrarini (Soprano).

Le cerimonie si potevano seguire online sui canali social del Comune.

La dichiarazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Celebriamo oggi il 225° anniversario del Tricolore, simbolo dell’Italia e testimone del cammino che ha portato alla costruzione della Repubblica, libera e democratica. Tante tragiche ed eroiche vicende hanno accompagnato il raggiungimento di un destino comune. Dalle difficoltà che hanno contraddistinto i nostri giorni, ad iniziare dalle sofferenze provocate dalla pandemia e dal clima di incertezza che questa ha generato, è sorta una nuova consapevolezza e fiducia nel futuro. Abbiamo dimostrato che ogni sfida può essere raccolta e affrontata con l’impegno e la responsabilità di tutti e di ciascuno. Il calore con cui tanti concittadini, nei momenti più difficili, hanno esposto la bandiera alle finestre di casa e intonato il Canto degli Italiani, ha segnato la memoria collettiva del Paese e richiamato il valore fondamentale della solidarietà e della coesione sociale. Tutte le istituzioni e le espressioni della società civile hanno saputo compiere la loro parte. La nostra bandiera ha accompagnato gli atleti protagonisti di una stagione di successi sportivi internazionali che ci ha reso orgogliosi di quanto hanno saputo testimoniare. Le loro vittorie sono l’immagine di un popolo tenace, che è impegnato verso l’avvenire e che, per la serietà offerta con la sua condotta, ha rappresentato un riferimento per l’intera comunità internazionale. Viva il Tricolore, viva la Repubblica».

Per Roberto Fico, terza carica dello Stato e presidente della Camera, omaggiare la nostra bandiera significa “essere orgogliosi di questa identità ma anche ribadire il valore che essa continua oggi in una società che muta. Ci sono tanti straordinarie testimonianze di questa eredità ideale – ha sottolineato Fico – Sono tali tutti gli operatori sanitari che da quasi due anni lottano instancabilmente contro la pandemia; i nostri connazionali impegnati nelle missioni internazionali a supportare vessate dai conflitti e dal terrorismo; gli amministratori onesti che elaborano innumerevoli difficolta’ al servizio della collettività;
le donne e gli uomini dello Stato che lottano ogni giorno contro la criminalità organizzata. Lo sono, in definitiva, tutti i cittadini che fanno della solidarietà e della responsabilità civile il senso più autentico e credibile dell’appartenenza ad una comunità”.

I discorsi:

“Il tricolore è il segno dell’unità nazionale e quanto mai noi oggi ne abbiamo bisogno. In un momento in cui tutto il Paese viene pressato da un così importante evento come la pandemia, dobbiamo ritrovare il senso di un’appartenenza comune che oggi ha un senso ancora più ampio, perché tutta Europa e tutto il mondo sono sottoposti a questo morbo”. Così il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.
“I simboli non sono soltanto qualcosa che si appunta al petto o qualcosa che si espone in un giorno di festa – aggiunge Bianchi – ma sono anche quegli elementi in cui ci si deve riconoscere, sono portatori di valori. La bandiera non ci parla soltanto di un evento storico, ci parla di una quotidianità e del sangue di tanti nostri concittadini che stanno soffrendo in questo momento. Ognuno di noi deve essere un portatore di bandiera”.

 

Il discorso del sindaco di Reggi Emilia Luca vecchi al teatro municipale ‘Romolo Valli’: “Signor ministro Patrizio Bianchi, grazie per essere qui con noi oggi per il 225esimo anniversario della nascita del Primo Tricolore. Saluto il prefetto di Reggio Emilia Iolanda Rolli, l’assessore regionale Alessio Mammi e il presidente della Provincia Giorgio Zanni, il professor Romano Prodi. Saluto tutte le autorità civili, i prefetti di altre città, i sindaci, i consiglieri regionali e i parlamentari. Un saluto alle autorità militari e religiose. Un ringraziamento per la sua partecipazione, alla Banda musicale della Polizia di Stato che ci accompagna in questa cerimonia; al dottor Vittorio Rizzi vice capo della Polizia di Stato e con lui, al questore di Reggio Emilia Giuseppe Ferrari e a tutti i questori presenti della nostra regione.

Quando il 7 Gennaio del 1797 i liberi deputati delle città di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio Emilia completarono il Congresso Cispadano, diedero forma a un sogno. Nasceva una prima forma di Stato libero, sovrano, unitario. Costituendo la Repubblica Cispadana e dotandosi del Tricolore mossero il primo passo di quel lungo e complesso percorso che – attraverso il Risorgimento giunse all’Unità del Paese, attraverso l’antifascismo, la Resistenza, la Liberazione – giunse alla Costituzione repubblicana del 1948. Ci sono luoghi e momenti nella storia di un Paese in cui si decise il destino di una Nazione. A volte sono teatri di guerra, in tanti casi sono esperienze civili, sociali, culturali, simbolicamente rappresentative del cammino di un popolo, della sua audacia verso l’unità, verso la libertà, verso il pieno riscatto della propria identità. Il 7 gennaio del 1797, Reggio Emilia fu un crocevia della storia del Paese, simbolo di questa audacia, come scrisse Ugo Foscolo, Reggio fu “Città animatrice d’Italia” e i reggiani “primi veri italiani e liberi cittadini”.

Fu un processo lungo, talvolta silenzioso, che veniva da lontano, sull’onda dei moti rivoluzionari francesi, evocava una rivoluzione nazionale, verso l’autodeterminazione. Il Tricolore fu un progetto per la modernità, era in quel momento, l’unita della nazione che si contrapponeva al localismo settecentesco, era l’embrione di una idea di patria fondata sui diritti civili, sulla giustizia, su una visione progressiva della persona, su una relazione internazionale. In un’epoca particolarmente esposta a rischi di lacerazione e rottura dei legami sociali, il Tricolore diventa ancora di più simbolo di unità, di ricostruzione, di ripartenza. Insieme alla Costituzione emblema di “patriottismo repubblicano”, di cui ci ha parlato con grande autorevolezza il presidente Mattarella nel suo discorso di capodanno. Il Tricolore lega passato e presente. Il 7 Gennaio non è un monumento o un museo da ammirare e celebrare. Ciò che fecero quei giovani patrioti riecheggia ancora nei secoli, fu la dimostrazione che il cambiamento era possibile con il coraggio dell’assunzione di responsabilità, per indicare una strada, un passo del cammino verso la libertà.

Ed oggi quel coraggio è il testimone consegnato alle giovani generazioni, per non temere il futuro, ma per afferralo, per raggiungere in Italia come nel mondo tutti i contesti in cui gli ideali di libertà, uguaglianza, fraternità non sono ancora arrivati. Il Tricolore di oggi è per loro. Per le giovani generazioni, per affermare il diritto universale alla cittadinanza. Viviamo oggi per la seconda volta la festa della nostra Bandiera nel contesto di una pandemia pervasiva, che sembra non mollare la presa sull’umanità. Come scrisse Albert Camus: “Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati”. Più che fatalismo, credo ci siano verità e umiltà nelle parole del grande scrittore francese. Quando tutto iniziò nessuno poteva immaginare la portata del drammatico cambiamento che da lì a poco avrebbe investito le vite di ognuno di noi in ogni angolo del pianeta.

Qualsiasi idea e progetto di ripartenza non può rimuovere il dovere di un lutto collettivo, con cui in quei giorni assistemmo quasi impotenti alla decimazione di un’intera generazione. Forse mai come in quel momento capimmo come ogni giorno la bellezza convive con il dolore. Abbiamo toccato con mano che “non esiste un altrove” in cui rifugiarsi e che mai come in questo momento il legame solidale di comunità torna ad essere il perno di una idea di cittadinanza. Non possiamo sottovalutare i contraccolpi emotivi, psicologici, istintivi nel sistema dei comportamenti collettivi della società. Per questo credo dobbiamo riscoprire il valore profondo della parola solidarietà. Perché la solidarietà è anzitutto la consapevolezza degli altri che stanno intorno a noi, è la solidarietà che ci fa uscire da una dimensione strettamente individuale per costruire un legame quale fondamento dell’umanità.

La pandemia ci ha costretto a misurarci con diverse visioni della libertà. Abbiamo capito che la libertà non può prescindere da un sistema di legami, da un senso di appartenenza collettiva e non può egoisticamente ridursi a bieco individualismo specie se ciò mette a rischio la libertà e la salute dell’altro. Il pensiero, il ringraziamento, non può non arrivare ai tanti professionisti della sanità, e con loro a tutte le lavoratrici e i lavoratori coinvolti sui fronti più esposti, nel mondo della scuola, della cura, delle persone; alle donne e agli uomini delle forze dell’ordine e della protezione civile, nei tantissimi luoghi di lavoro. E’ del tutto evidente che la complessità della contingenza pandemica quotidiana stia generando disagi a migliaia di cittadini, il lamento e la rabbia deve essere certamente ascoltato, ma nello stesso tempo talune imperfezioni nella gestione dell’emergenza richiedono un forte sforzo di comprensione e di buon senso di tutti noi. Dobbiamo evitare un rischio. Perdere razionalità nella complessità. “Il sonno della ragione genera mostri”, per dirla con il titolo della celebre opera di Goya. C’è stato un momento in cui abbiamo avuto bisogno di loro, dei medici, dei sanitari, dei tanti esposti nella prima linea di questa emergenza. Abbiamo avuto bisogno di sentirci sulla scia di una guida in un contesto drammatico. E li abbiamo anche abbracciati come eroi. Oggi loro hanno bisogno di noi, dopo due anni difficili, dopo ritmi di lavoro estenuanti, di fronte alla nuova ondata pandemica. È in questa reciprocità che si fonda il patto solidale di comunità. E’ in questo prenderci cura l’uno dell’altro che si riscopre un “patriottismo della responsabilità”.

E naturalmente un pensiero in questi giorni speciali va al mondo della scuola ai tanti studenti, all’intero personale insegnante perché lì c’è l’embrione della società. L’uscita dalla pandemia passa anche dalla scuola, dalla sua capacità di educare alla responsabilità, al bene comune, a una comunità plurale e illuminata. Grazie per l’abnegazione, la professionalità con cui ognuno nel suo piccolo ha fatto emergere in questi due anni l’immagine dell’Italia migliore. L’Italia della collaborazione, tra istituzioni, tra istituzioni e cittadini, tra pubblico e privato. L’Italia del senso civico. L’Italia unita nelle sue diversità ma capace di essere espressione di una comunità di destino. Reggio Emilia ha una storia politica e culturale significativa nella vicenda italiana. Non solo per aver dato i natali al Primo Tricolore. Città medaglia d’oro della Resistenza, in prima linea nella fase costituente. La città di don Pasquino Borghi e dei sette fratelli Cervi.

La città di una imprenditoria straordinaria, della cooperazione, di una cultura del lavoro che ha accompagnato tutte le più importanti lotte operaie del secolo scorso. Una città che ha saputo esportare in tutto il mondo una cultura dell’infanzia, il diritto dei bambini ad una educazione di qualità fin dalla nascita. Reggio è stata frequentemente crocevia della vicenda politica del nostro Paese grazie anzitutto al modo in cui i reggiani hanno legato valori e principi al pragmatismo del proprio impegno. Una sorta di “pragmatismo visionario”, che può essere percepibile in tutti i frangenti, in tutti i traguardi di portata epocale segnati dalla città. Una città che ha superato sfide impegnative, ha incontrato successi e sconfitte, ma si è sempre rialzata ed è sempre ripartita.

La città dei patrioti cispadani è anche la terra dei partigiani resistenti, degli operai delle Reggiane, delle donne che lottarono per la propria libertà e per l’educazione dei propri figli, dei tanti imprenditori che non hanno mai smesso di cercare l’innovazione, la città che ha realizzato la Basilica della Ghiara e ha costruito questo splendido teatro, è la terra dei nostri nuovi cittadini arrivati dal mare, e la città delle donne e uomini delle forze dell’ordine ogni giorno impegnate per la sicurezza, è la città dei movimenti per l’espansione dei diritti civili, è la città fu di Saman e Cecilia. Una città che non è mai stata il progetto di una persona sola, ma l’esito storico di una grande impresa collettiva. Non è la prima volta, nella complessa vicenda storica di questo Paese, che dai territori, dai comuni, dalle città, può arrivare la spinta per unire un’intera comunità. Nelle città contemporanee, nei tanti piccoli comuni, si misura ogni giorno il conflitto tra pressioni globali e ricerca di identità locali, tra bisogno di sicurezza e bisogno di libertà; tra paure e speranze.

È nei territori, talvolta nei quartieri, che il lavoro di costruzione di legami sociali si scontra con crescenti fenomeni di solitudine e nella densa trama delle relazioni interpersonali, professionali, sociali, trova la sua sorgente ogni giorno la creatività e l’innovazione. Oggi a quasi due anni dall’inizio della pandemia siamo difronte ad una doppia sfida epocale. Da un lato la gestione dell’emergenza pandemica, il proseguo delle attività di vaccinazione, la prospettiva concreta, in cui dobbiamo nutrire fiducia, di una graduale e progressiva uscita dalla pandemia, grazie anzitutto ai successi della scienza, della ricerca e alla civile adesione di milioni di italiani. Dall’altro il bisogno della ripartenza, la capacità di un rilancio ambizioso di progettualità sul futuro. Mai come in questo momento dobbiamo avvertire la consapevolezza collettiva che la gestione di un difficile presente sta insieme alla capacità di immaginare e progettare la città e il Paese dei prossimi dieci anni.

È tutta qui la lucida consapevolezza dell’opportunità epocale del PNRR. E in questo contesto, signor ministro che i sindaci, le città, i territori sanno che un vecchio mondo è alle spalle, che nuove città nasceranno, e che in questo grande tornante della storia le comunità vorranno essere motore fondamentale dell’unità del Paese e del suo sviluppo. C’è una metafora che Antonio Scurati ha descritto molto bene nel suo ultimo libro. È la metafora della fuga di Enea. Enea che fugge da Troia caricandosi sulle spalle il padre Anchise e tenendo per mano il figlio Ascanio. Non è soltanto una efficace metafora della condizione umana, ma è anche una sorta di progetto politico, che in fondo ci riguarda tutti. Il vecchio mondo che non c’è più, la nuova città che sta nascendo, con una mano garantiamo le vaccinazioni, con l’altra riapriamo le scuole ai nostri figli. In fondo stiamo un po’ tutti il più delle volte in mezzo a queste due generazioni, chiamati ogni giorno a costruire una comunità che si carichi sulle spalle la fragilità degli anziani e allunghi la mano al futuro delle giovani generazioni. In uno sforzo quotidiano, non certo eroico, come lo fu per Enea, ma certamente responsabile, per unire le nostre comunità e accompagnarle verso il futuro.

Viva il Tricolore! Viva la Costituzione! Viva l’Italia!”

 

Il discorso del Presidente della Provincia Giorgio Zanni: Un saluto a tutte le autorità civili, religiose e militari. 7 gennaio 1797 – 225′ anniversario della nascita del Tricolore. Nato a Reggio Emilia dalla Repubblica Cispadana, un Tricolore che si ispirava quello francese, figlio dei ideali e dei moti scaturiti dalla rivoluzione francese e dalla cultura illuministica, fatta di scienza, ricerca, evoluzione ed emancipazione personale e collettiva. Un simbolo che nasce dalla convinzione che i saperi, lo studio, il ragionamento ed il metodo scientifico siano i più potenti strumenti al servizio del progresso, alla base di una nazione. Ma che nasce anche da un concetto di rivoluzione che trova compimento in un miglioramento delle condizioni di vita, proprie e della società in cui si vive, solo quando coinvolge nel suo pensiero e nella sua azione un popolo intero.

Oggi è l’anniversario in cui venne forgiato il simbolo più rappresentativo della nostra Repubblica. E quindi quale occasione migliore per provare nuovamente ad interpretarne il significato? A ricordarci cosa rappresenta e cosa invece non vogliamo che rappresenti la nostra Bandiera.

Un Tricolore che è CULTURA.

Guardo questo splendido teatro, uno dei simboli per eccellenza della cultura e dell’arte del capoluogo e di tutta la nostra provincia e penso a come spesso tra i primi atti di un popolo che si libera dalla tirannia e dall’oppressione, vi sia nella storia proprio la costruzione di luoghi collettivi per liberare la cultura ed elevare il pensiero. E penso allora, ai tanti operatori della cultura come ai tanti teatri che animano la nostra provincia, ad esempio, il teatro Pedrazzoli di Fabbrico, nella nostra bassa. Costruito nel dopoguerra dagli stessi cittadini e cittadine che, finito il duro lavoro nei campi o nelle fabbriche, si rimboccavano nuovamente le maniche per erigere uno spazio in cui essere liberi di pensare, dopo i più lunghi ed opprimenti vent’anni: quelli del pensiero unico. O alla biblioteca di casa Cervi, tutt’oggi esistente, ed iniziata, appunto, dai 7 Fratelli Cervi, su cui coltivarono innanzitutto il loro sapere e dai cui frutti nacque la lotta di Resistenza. Avevano ben chiaro che un popolo è reso schiavo quando gli si precludono strumenti per apprendere, conoscere, evadere, sognare. La cultura dunque è libertà, è capacità di proiettarsi in avanti, in un altro tempo che non sia l’oggi, in un’esperienza di vita che non sia la propria. È quell’elemento che permette di costruire un futuro diverso, e possibilmente migliore, da quello dei nostri padri. È cultura anche la costruzione di un pensiero politico forte, aggregante, coinvolgente; elemento di cui troppo spesso abbiamo sentito la mancanza in questo Paese. È anche per questo che una bandiera Tricolore accoglie chi entra dalle porte questo teatro, come chi varca ogni giorno la soglia di ogni scuola. La SCUOLA, dunque, il luogo in cui si coltivano le generazioni future e il loro senso critico. Il contesto in cui imparare la convivenza e la condivisione, in cui esplorare le proprie radici culturali e da lì iniziare a disegnare il proprio futuro. Non smettiamo di investire in educazione, cultura e sostegno sociale e psicologico, perché se è vero che vivremo le conseguenze del long covid sanitario, altrettanto vero è che ci attende un conto salato rispetto ad un long covid sociale, in particolar modo tra le generazioni di giovani ed adolescenti. Nel ringraziare ancora una volta docenti, personale scolastico e dirigenti per il grande lavoro, la capacità costante di reinventarsi e mettersi in discussione in questi due anni di pandemia, ci appelliamo allo Stato affinché in questo momento complesso e in quelli altrettanto complessi che seguiranno, la scuola e la crescita dei giovani rimangano priorità centrali dell’agire del Governo.

Un Tricolore che è LAVORO

È il modo attraverso il quale, come scolpito già dai primissimi articoli della nostra Costituzione, ogni cittadino e cittadina può e deve contribuire al progresso materiale e spirituale della società. È Tricolore il lavoro quando è strumento di riscatto e di crescita, personale e professionale, ma anche e soprattutto collettiva. Lavoro, è dove si riconosce l’importanza e la centralità del dialogo tra imprese, parti sociali e sindacali, dove lo scontro sociale si trasformi in ricerca costante di punti di equilibrio utili alla creazione di un benessere sempre più diffuso e meno diseguale, che contribuisca cioè a creare un futuro migliore partendo dalle categorie più fragili della nostra società. Non è invece Tricolore il lavoro che ricorre allo sfruttamento, alla precarietà per interesse economico, al caporalato, al lavoro nero. Non lo è quando l’essere donna diviene ostacolo alla progressione di carriera o discriminante salariale. È lontano altresì dallo spirito del 1797 chi cerca continuamente di appropriarsi di simboli legati alla Patria per alimentare disinformazione scientemente costruita, cavalcare le paure e compiere atti di violenza come è stato l’assalto alla sede nazionale della CGIL, casa per eccellenza del lavoro e di tutti i lavoratori. Un attacco ai sindacati, tutti. Un attacco al Lavoro. Un attacco fascista. E per quanto ci riguarda, qui a Reggio Emilia, culla dell’antifascismo e della Resistenza, terra dei Fratelli Cervi, di Quarto Camurri, di Don Pasquino Borghi (tra i tanti), un attacco alla Democrazia. Un attacco al Tricolore. Incontreremo sempre chi cerca di celare i propri interessi di parte dietro ai colori unitari della nostra bandiera, sta a noi non farci ingannare, guardarci intorno e cercare chi porta autentico il vessillo ed i valori fondativi che oggi celebriamo.

Un Tricolore che è CURA e SANITÀ

Se c’è un ambito dove i valori illuministi dello studio e ricerca, saperi e cultura, lavoro e miglioramento delle condizioni di vita dei nostri concittadini – e dunque dell’intera società – paiono rasentare una perfetta sintesi, quello è la sanità. Verrebbe quindi quasi automatico pensare che: sanità è Tricolore. E invece no, in un momento ancora e quanto mai complesso come questo, dobbiamo ribadire con forza come la pandemia abbia riposto al centro dell’attenzione l’imprescindibilità – oltre che la non scontata conquista – di un sistema sanitario PUBBLICO e UNIVERSALE. E non semplicemente di “un sistema sanitario”. Abbiamo ancora negli occhi le proteste di sedicenti patrioti che inveivano contro green pass e vaccini. E sebbene il diritto di manifestare debba essere sempre garantito, com’è stato anche in mezzo alle restrizioni sanitarie più dure, non crediamo ci sia più spazio per l’egoismo a cui troppo spesso abbiamo assistito in questi lunghi mesi. Quello delle ritrosie, delle ignoranze, delle speculazioni politiche e della disonestà intellettuale. Un atteggiamento che ostacola tutto il sistema sanitario e perciò tutti noi.  E allora, ringraziando, ancora una volta, per l’instancabile ed estenuante servizio che stanno svolgendo medici, infermieri e professionisti sanitari, nel ricordare come in questo momento, in tutto il Paese, migliaia di nostri concittadini siano giustamente preoccupati e in attesa di prestazioni sanitarie che faticano ad essere regolarmente programmate proprio a fronte dell’emergenza sanitaria in atto. Allo Stato, e a tutte le forze politiche, chiediamo di continuare ad avere coraggio nelle scelte che devono necessariamente condurci al più presto alla fine di questa pandemia, all’inizio di una nuova normalità ed accanto a questo, vogliamo rinnovare e porgere il nostro pieno servizio e la ferma volontà di enti locali per costruire insieme, anche grazie alle preziose risorse del PNRR, la nuova sanità pubblica del futuro. Quella degli ospedali, certamente, ma anche e soprattutto quella territoriale, della telemedicina, delle case di comunità e degli ospedali di comunità. La pandemia ha accelerato e reso ancor più visibili criticità e lacune – non in ultima la drammatica carenza di medici, infermieri e professionisti sanitari – oggi anche grazie alle preziose risorse del PNRR, dobbiamo cogliere con grande velocità e altrettanto pragmatismo questa decisiva sfida rifondativa: nelle strutture, nella tecnologia, nella programmazione del personale. Possiamo farlo, dobbiamo farlo. Vogliamo farlo, INSIEME!

Un Tricolore che è SOLIDARIETA’

Perché dopo anni di esaltazione sfrenata dell’individualismo, gli ultimi mesi ci hanno posto davanti agli occhi come il destino di ognuno sia indissolubilmente legato a quello dell’altro. Se la malattia è un fatto personale, l’epidemia è presto divenuta un fatto sociale condiviso. Ed è forse questa la consapevolezza più difficile da maturare. Il vaccino, come il distanziamento e le mascherine, sono atti di tutela non soltanto verso sé stessi, ma anche verso gli altri. Sono forme tanto fondamentali quanto basilari di consapevolezza del vivere civico e della solidarietà. Ecco, il Tricolore è anche solidarietà. È la consapevolezza che, come dice Papa Francesco, “Nessuno si salva da solo”, che un popolo è tanto più forte quanto più è disposto a tendersi la mano proprio nei momenti di difficoltà. “Gli altri siamo noi”, anzi, diventiamo noi quando compiamo scelte personali migliori per tutti e non soltanto per noi stessi. È quel principio che trova nell’associazionismo e nel volontariato la sua articolazione pratica. Che vede migliaia di persone in tutt’Italia che senza alcuna pretesa di extra profitto oltre alla riconoscenza e alla gratitudine, dedicano ore e in alcuni casi vite intere a essere d’aiuto agli altri.

Nel salutare e ringraziare tutti gli ospiti di oggi, un saluto particolare mi sia concesso ai colleghi SINDACI, a loro il mio personale ringraziamento per quanto fatto a servizio delle nostre comunità e di tutta la comunità provinciale soprattutto in questi ultimi 23 mesi. Insieme abbiamo costruito un allineamento istituzionale decisivo e prezioso, per la pandemia ma non soltanto, tutt’altro che scontato e che va ben al di là delle differenti provenienze politiche. Non è finita, lo sappiamo bene, e tanto ci sarà da fare nella fase di ricostruzione post pandemica. Ma non saremo soli. Al nostro fianco le tante anime che contraddistinguono le nostre comunità, che  ci camminano a fianco servendo il Paese, consentendoci di raggiungere traguardi altrimenti, da soli, non raggiungibili. La fascia Tricolore attraversa il petto, e sta vicino al cuore. È un monito quotidiano per ogni Sindaco, un orgoglio, un faro che ne guida l’azione. Non perdiamo tempo: abbiamo insieme un futuro da costruire. Un futuro che è già cominciato: avanti, insieme!

W l’Italia. W la Repubblica. W il Tricolore!

 

L’intervento che l’assessore regionale Alessio Mammi: Buongiorno a tutte e a tutti. Un saluto da parte della Regione Emilia Romagna e del Presidente Bonaccini a tutte le autorità civili, religiose e militari presenti. A tutte le cittadine e ai cittadini reggiani che amano questa Festa, orgogliosi di vivere nella terra che ha dato i natali alla bandiera nazionale. Festa che qui è nata per poi diventare patrimonio del Paese. Per il secondo anno consecutivo omaggiamo il Tricolore in un contesto che è di massima attenzione e con alcune limitazioni: il ciclo pandemico in questi mesi invernali ha acuito per l’ennesima volta la sua diffusione. Ma a differenza dello scorso anno oggi noi qui siamo in presenza, le attività economiche sono quasi tutte aperte, la vita ha ripreso momenti di socialità, le nostre ragazze e i nostri ragazzi da mesi sono tornati a scuola. Mentre affrontiamo questa difficile fase della pandemia non dobbiamo dimenticare gli enormi progressi che abbiamo fatto in meno di un anno. Per questo dobbiamo ringraziare i VACCINI, frutto dello straordinario impegno della comunità scientifica internazionale e del lavoro del personale sanitario. Anche in questo momento centinaia di migliaia di nostri concittadini sono impegnati senza sosta, da ormai due anni, nei reparti degli ospedali o sul territorio per continuare a fronteggiare la pandemia e le altre attività ordinarie. Per prendersi cura di chi ha bisogno. Parta da qui non solo un saluto ma anche un profondo e sincero ringraziamento per la professionalità, la dedizione, la passione che sta salvando il nostro Paese e migliaia di vite umane. Cari medici, infermieri, oss, siamo orgogliosi di voi. Siete i migliori rappresentanti di quel tricolore che tutti abbiamo nel cuore e che oggi festeggiamo! Oggi la nostra bandiera compie 225 anni da quando venne sventolata per la prima volta a Reggio Emilia nel 1797 nella Sala del Tricolore. Da quell’anno che vedeva protagoniste soprattutto le giovani generazioni attratte dalla cultura e dalla politica dell’Illuminismo, più di due secoli di storia hanno attraversato l’Italia e il continente europeo. Dalla spinta della Rivoluzione Francese, ai moti carbonari, al Risorgimento fino all’Unità d’Italia nel 1861. Poi nel corso dei primi cinquant’anni del Secolo Breve, il Novecento, due guerre mondiali con il loro portato tragico, la dittatura fascista e la lotta di Liberazione nazionale. Un sussulto democratico di dignità umana e civile. Una pagina di riscatto delle nostre terre, attraverso il sacrificio di quelle ragazze e di quei ragazzi partigiani che si opposero al regime fascista e all’occupazione nazista con tutte le loro forze, e hanno contributo a scrivere una delle pagine più belle della Democrazia del nostro Paese, dalla cui spinta è nata la Costituzione italiana. Conoscerla, amarla, attuarla. Un dovere politico, morale e civile che ciascuno nel proprio ambito istituzionale deve attuare ogni giorno. In modo non formale ma sostanziale. La Costituzione al centro mette la persona umana, con la sua libertà, intesa come responsabilità verso se stessi e verso gli altri, e la sua dignità. La bandiera è simbolo di Unità. Unità contro inutili e sterili divisioni, unità come responsabilità collettiva e reciproca, unità di territori e generazioni. Unità nel segno della libertà, della giustizia e della fratellanza tra gli uomini. La terribile pandemia ci ha perfettamente fatto capire la nostra comune appartenenza all’umanità. La bandiera ci unisce, nei momenti difficili come in quelli di festa.  Memori sono le belle e orgogliose bandiere che abbiamo visto sventolare con commozione nell’anno appena concluso in così tante occasioni sportive dai nostri bravissimi atleti, motivo di gioia e di vanto per un’intera nazione. Gli stessi tricolori che gli italiani hanno esposto sui loro balconi e nei cortili, in un corale messaggio di unità e resistenza all’attacco del Covid. Il 2022 segna un altro importante anniversario per i cittadini italiani ed europei: sono passati 20 anni da quando è stata introdotta la moneta unica. L’Euro è diventato uno dei risultati più tangibili dell’Unione Europea, assieme alla libera circolazione delle persone e all’Erasmus. Ha aiutato a riconoscerci come un’unica, grande comunità. Ma da quell’intuizione, alla quale doveva seguire il rafforzamento e l’integrazione politica dell’Europa, è passato poi tanto, troppo tempo. Tempi segnati da divisioni, paure, poco coraggio e poca lungimiranza. Fino a quando è arrivato il Covid. Durante la pandemia gli Stati hanno creato le condizioni affinché vedessimo all’opera un’Europa diversa da quella frammentata e fragile che aveva gestito molto male la crisi finanziaria del 2008. L’Europa Ha promosso il Next Generation EU con finanziamenti senza precedenti, ha coordinato assieme agli stati nazionali la distribuzione dei vaccini, sta cercando di sfruttare i vantaggi della rapida digitalizzazione globale e di affrontare l’emergenza climatica che sta colpendo il Pianeta nell’ottica di un nuovo modello di sviluppo delineato nel Green New Deal. Questo dimostra che con la volontà politica possiamo dare all’Europa un pensiero, un progetto ed una strategia capace di tenere insieme visione e di rispondere ai problemi concreti delle persone. La sfida per la politica europea sarà tenere insieme sostenibilità ambientale, economica e sociale. La transizione ecologica e digitale è una sfida epocale, come ogni transizione, richiederà però capacità di Governo per non lasciare indietro nessuno, per non generare nuove paure o fratture. Dobbiamo però avere lo stesso coraggio che ebbero i protagonisti del Risorgimento e dell’Unità nazionale per lavorare al rafforzamento dell’integrazione europea, pre condizione di stabilità politica ed economica nel mondo globalizzato. Anche il nostro Paese sta dimostrando coraggio e determinazione. Abbiamo visto un’Italia paziente attendere il proprio turno ai centri e aderire con numeri elevati alla campagna vaccinale. Spero che le nuove norme possano aumentare ancora questa copertura. La maggioranza silenziosa degli italiani che si vaccina e rispetta le regole rappresenta autentico civismo. Quella maggioranza responsabile, matura e che ha fiducia nella scienza. L’umanità, giustamente, non si rivolge alla scienza per tutte le domande e i bisogni. Ma quando viene interpellata la comunità scientifica non risponde con opinioni ma con dati che soltanto un’altra teoria scientifica può confutare. E’ su questo principio che negli ultimi due secoli si è basato il miglioramento delle condizioni di salute dell’uomo, dell’alimentazione, della situazione igienica, che ha permesso di allungare la vita media della specie umana e di debellare tante malattie. In questi ultimi mesi L’Italia è ripartita anche sotto il profilo economico. Ora occorre rafforzare e difendere la crescita governando la pandemia e intervenendo sul fortissimo aumento dei costi energetici che sta colpendo duramente imprese e famiglie. La nostra Regione è uno dei territori che fa da traino al Paese. Abbiamo confermato anche nel 2021 il primato nazionale di export pro capite, 53 miliardi di euro. Grazie ai nostri imprenditori e a tutte le maestranze per questo incredibile risultato, nonostante le molteplici difficoltà quotidiane. Ma la Regione Emilia- Romagna non è soltanto locomotiva economica nazionale: ci piace correre, ma vogliamo farlo senza lasciare indietro nessuno. Fare, bene e insieme. Il nostro impegno politico e di risorse economiche in ambito sanitario, sociale, educativo è alla base di un patto che abbiamo fatto con le cittadine e i cittadini dell’Emilia-Romagna e che intendiamo onorare fino alle fine. Un patto che prevede di raggiungere la capillarità dei territori e che tiene insieme sicurezza e libertà. Un patto che consenta a ciascuno, a prescindere dalle condizioni di partenza, di realizzarsi come persona e come cittadino. Un sogno probabilmente partito in quel lontano 1797 e che abbiamo l’onore e l’onore di rendere possibile. Perché la Democrazia è più forte se nessuno si sente dimenticato, se nessun territorio si sente periferia. A proposito della capacità di fare squadra e di vincere uniti in questa difficile fase, oltre a tutto il personale sanitario, le forze dell’ordine, le tante associazioni di volontariato e la protezione civile, consentitemi un ringraziamento particolare per i Sindaci: il vostro impegno quotidiano per i cittadini vi fa onore. Rappresentate la politica di prossimità autorevole e rassicurante. Infine un pensiero: l’anno appena trascorso è stato segnato da tante violenze e delitti di cui sono state vittime le donne. Anche nei nostri territori sono avvenuti fatti terribili. Dobbiamo a tutti i livelli attivare misure per garantire più sicurezza e aiuto alle donne vittime di violenza e ai loro figli. Serve una legge nazionale che riconosca il reato di femminicidio perché il nostro tricolore è ogni anno macchiato di troppo sangue innocente. Vorrei concludere ringraziando il Presidente Mattarella che sta terminare il suo mandato. Un esempio di uomo delle istituzioni che con grande rettitudine ha guidato l’Italia in periodi difficili. Sergio Mattarella nel saluto di fine anno ha rivolto ai giovani un appello: “I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani”.  E’ vero ragazzi, voi non siete il futuro ma il presente. La storia non vi invita tocca a voi scriverla come ogni generazione deve fare nel suo tempo. Come fecero i giovani patrioti che diedero vita al Tricolore. La memoria ci insegna che anche nei momenti più bui ed incerti è possibile rinascere. Servono idee, la consapevolezza della propria storia e soprattutto il coraggio, la perseveranza e la coerenza di scriverne una nuova.

Viva il Tricolore! Viva l’Italia! Viva il 7 gennaio!

Nell’ambito della Giornata nazionale della Bandiera e della Celebrazione del 225° anniversario del Primo Tricolore a Reggio Emilia, il sindaco Luca Vecchi ha incontrato nel pomeriggio di oggi alcuni membri della Sezione di Paracadutismo del Reparto attività sportive dell’Esercito, parte della Brigata Folgore.

Il sindaco ha voluto ringraziare i militari della Folgore e, fra loro, i due paracadutisti che nel corso della Celebrazione hanno effettuato uno spettacolare lancio di ‘precisione in atterraggio’ sulla piazza Prampolini, portando dal cielo un Tricolore italiano di 150 metri quadrati.

In Municipio, il sindaco Luca Vecchi ha donato al comandante Luigi Corlianò e agli altri militari del Reparto una pregiata Murrina, miniatura del Primo Tricolore in vetro di Murano e li ha successivamente accompagnati in visita alla Sala del Tricolore.

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