Rendere viva la storia del passato è il punto di partenza per comprendere il presente e immaginare il futuro. Specie per un’istituzione, come la Fondazione Collegio San Carlo, con quasi quattro secoli di vita alle spalle. In quest’ottica, nell’ambito del “Laboratorio duemilaventisei”, percorso di progettazione partecipata in vista dei suoi quattrocento anni, la Fondazione ha aperto al pubblico le porte del proprio archivio storico, attraverso uno speciale approfondimento in streaming dal titolo “Carte, inchiostri e caratteri in archivio”, presentato in occasione della recente settimana regionale dell’educazione al patrimonio archivistico.

La Fondazione San Carlo, oggi istituto di formazione e di promozione della cultura riconosciuto a livello nazionale e internazionale, è infatti erede del Collegio dei Nobili di Modena, nato nel 1626, e della Congregazione della Beata Vergine e di San Carlo che a lungo ne ha retto le sorti. L’archivio è nato e si è sviluppato seguendo l’evoluzione di entrambe, dal XVII al XXI secolo.

“La storia di queste due istituzioni, centrali nel passato della nostra città e a lungo legate con la vita politica, sociale e culturale del Ducato d’Este – spiega Giuliano Albarani, presidente della Fondazione – è tracciata e custodita nelle carte dell’archivio, che si è conservato in massima parte e in buono stato e rientra oggi nel patrimonio della Fondazione (nel 2005 è stato riconosciuto di notevole interesse da parte dello Stato).
A fianco dell’impegno per la sua conservazione – prosegue Albarani – conduciamo da tempo un importante lavoro di ricerca e valorizzazione. Per questo riteniamo essenziale, soprattutto in un momento critico e di chiusura degli spazi fisici della cultura, realizzare, in linea con le direttive espresse dalla Regione, una proposta per avvicinare il pubblico alla Fondazione. Di solito la dimensione archivistica è considerata appannaggio di studiosi e specialisti. Ma non è così: il passato rivive nei documenti antichi e ci può aiutare ad affrontare con più consapevolezza il presente”.

Il racconto proposto, visibile sul sito, sul canale YouTube e sui social della Fondazione, illustra i contenuti dell’archivio, la sua struttura, le logiche di inventariazione e ripercorre il primo, importante riordino operato da Giuseppe Dallamano, segretario dell’antico Collegio San Carlo nel Settecento.

“Dallamano fu il primo archivista nella storia del Collegio – spiega Chiara Albonico, responsabile dell’archivio – Per primo capì che i documenti accumulati nel Palazzo del Collegio fino a quel momento, proprio perché legati fra loro come se appartenessero ad un unico grande casato nobiliare, potevano tessere il racconto di una storia. Decise quindi di ordinarli e inventariarli per poterli leggere nel loro insieme”.

Hanno così iniziato a ricomporsi i tasselli di una grande narrazione, giunta sino a noi attraverso le carte notarili, gli atti amministrativi, i contratti, le lettere e i documenti ufficiali, da cui traspaiono non solo le storie delle persone che hanno vissuto il San Carlo ma anche i tratti peculiari delle diverse epoche.

L’approfondimento speciale realizzato dalla Fondazione presenta uno spaccato di questi materiali, portandoci, sebbene virtualmente, a contatto diretto con i documenti e invitandoci a leggerli attraverso la carta, l’inchiostro e la scrittura, elementi decisivi per comprenderli, entrare in relazione con chi li ha scritti, interpretare ciò che dicono del passato e quello che ancora, del passato, invitano a scoprire.

 

Quattro secoli di storie

I contenuti e i filoni di ricerca all’interno dell’archivio

La peculiarità dell’archivio della Fondazione San Carlo consiste nella fitta rete di rimandi continui rintracciabili fra i documenti, che appartengono a periodi differenti ma sono sempre finalizzati al racconto, “in diretta”, della vita del Collegio. I documenti descrivono attività e scelte che, per chi scriveva, erano la contingenza, il qui ed ora. Lasciandosi trasportare si possono immaginare le situazioni in cui si trovarono un sacerdote del Seicento, un nobiluomo del Settecento o un amministratore ottocentesco. Le migliaia di vite passate attraverso il San Carlo si ritrovano qui e qui hanno voce.

Vite che sono anzitutto quelle dei convittori dell’antico Collegio, provenienti da famiglie dell’antica nobiltà modenese, italiana o straniera (fino all’apertura alla classe borghese avvenuta a metà dell’Ottocento), ragazzi che hanno condiviso le stesse mura e le stesse stanze per poi divenire, in molti casi, figure influenti del mondo politico e religioso.

“Seguendo la traccia della formazione dell’antico Collegio – spiega Chiara Albonico, responsabile dell’archivio – è emerso uno dei filoni di indagine che stiamo approfondendo, legato al ruolo centrale, tra le materie di studio chiamate arti cavalleresche, delle attività teatrali e musicali. L’archivio è ricco di spartiti sui quali stiamo lavorando, anche nell’ottica che possano, un giorno, far sentire al pubblico la propria voce, un tempo offerta alla città e alla corte ducale in occasione di spettacoli, chiamati Accademie, che i convittori mettevano in scena più volte l’anno. Tracce abbondanti di queste produzioni teatrali sono presenti anche in altri archivi cittadini, a riprova della relazione costante tra il Collegio e le istituzioni modenesi”.

Particolarmente interessanti sono poi le cronache: in numerosi documenti si ritrovano notizie che solo all’apparenza toccano la vita del Collegio entro le sue mura, ma che sono in realtà riflesso di eventi di portata cittadina, statale o europea. Un lavoro di approfondimento documentario e bibliografico, tuttora in corso, sta consentendo di sostanziare le brevi note che si trovano in archivio per comprenderne la portata. Alcune si riferiscono a eventi critici, come le ricadute modenesi della guerra di successione spagnola a inizio Settecento o le cerimonie religiose per scongiurare l’arrivo della peste di Marsiglia sempre nel XVIII secolo. Altre riguardano eventi spettacolari che coinvolsero l’intera Modena, come l’arrivo in città del gigante Gigli per uno spettacolo tenutosi nella Sala Grande del Collegio nel 1762, o imprese realizzate da ex convittori vissuti al San Carlo, come il conte milanese Paolo Andreani che, compiendo un atto che sapeva di follia, per primo in Italia si alzò in volo a bordo di una mongolfiera da lui stesso progettata nel 1784.

Tutte queste storie, in alcuni casi “romanzate” e restituite come articoli di un giornale atemporale ma sempre nel rispetto delle originarie note di archivio e con dati verificati su fonti certe, sono oggi disponibili sul sito del “Laboratorio duemilaventisei” (lab2026.fondazionesancarlo.it), un vero e proprio quotidiano online, in costante aggiornamento con i contenuti più rilevanti relativi al patrimonio, alle attività e alla programmazione che sta accompagnando la Fondazione San Carlo verso i suoi quattrocento anni.

Alcuni esempi di cronache conservate in archivio

Il convittore volante
Il 14 marzo del 1784 il conte milanese Paolo Andreani, ex alunno del Collegio de’ Nobili, fu protagonista di un’impresa a dir poco audace. Rampollo di una nobile famiglia, il conte era giunto a Modena fanciullo. Cresciuto e tornato nella terra natale, Andreani iniziò a seguire gli esperimenti sul volo dei fratelli Montgolfier. Dopo alcuni tentativi il conte si alzò in volo, primo in Italia, a bordo di una mongolfiera da lui progettata, alla presenza della popolazione e delle autorità locali ma l’imperatore Giuseppe II d’Asburgo, presente a Milano in quei giorni, declinò l’invito a presenziare all’evento ritenendo sconveniente, per un monarca, assistere al suicidio di un proprio suddito. L’esperimento si concluse con un successo.

Un gigante al Collegio San Carlo
Il 9 gennaio del 1792 fece capolino a Modena, destando grande eccitazione in città, un gigante. Originario delle zone del Garda, figlio di contadini benestanti, Bernardo Gigli, centimetro più centimetro meno, toccava circa i due metri e mezzo di statura. Sarebbe rimasto a casa a fare il contadino se non fosse stato notato dal celebre uomo di spettacolo Giambattista Perghem che, annettendo il Gigli al suo circo, gli permise di esibirsi nelle piazze di tutta Europa raggiungendo una vasta fama. Ben vestito, con la parrucca, il belletto, un bel viso dal naso affilato e un vestito elegante, il gigante si esibì all’interno del Collegio San Carlo dinanzi alle camerate dei convittori e ad una grande folla di pubblico.

La peste tra Marsiglia e Modena
Nel 1720 le autorità modenesi diramarono un’allerta che riguardava qualunque contatto con merci e persone in arrivo dal sud della Francia. A partire dal mese di giugno a Marsiglia si era infatti scatenata un’epidemia di peste, portata dai topi presenti su una nave attraccata al porto con un carico di tessuti provenienti dalla Siria. Oltre alle dovute misure precauzionali la situazione di emergenza stimolò a Modena numerose iniziative di preghiera al fine di scongiurare la diffusione dell’epidemia. Le preghiere si tennero in Cattedrale, presso la chiesa della Madonna del Voto e nella Chiesa di San Carlo, dove fu organizzata una veglia continua, con la presenza del Vescovo e della corte estense.

Alcuni esempi di documenti conservati in archivio

Nozze ducali
Tra i documenti conservati nell’archivio storico vi è la formula che il duca di Parma, Ranuccio Farnese, e sua cugina, la Principessa Isabella d’Este, recitarono davanti al sacerdote il giorno delle loro nozze, lunedì 18 febbraio 1664: il filo doppio che legava Casa d’Este e il Collegio dei Nobili si riflette in questi documenti, apparentemente estranei alla vita del San Carlo.

Elogio della vita agreste
Nella loro formazione gli allievi del San Carlo dovevano esercitarsi per giungere ad una padronanza ottimale dell’italiano. L’archivio conserva numerose composizioni firmate dai convittori, in prosa o in rima, spesso a tema religioso. Non mancano però i componimenti di argomento laico o più leggero come questa canzone, risalente alla fine del Settecento, in cui si celebrano le meraviglie della vita agreste.

Un parrucchiere troppo “deciso”
I documenti conservati nell’archivio del San Carlo arrivano sino al XX secolo, cui appartiene questo testo del 1932, dal titolo “S. Carlo révues”. Anche fra i collegiali le esercitazioni accademiche potevano diventare occasione di scherzo. Questa volta vittima dell’ironia è il parrucchiere, reo d’aver tagliato troppo i ricci fluenti di una bella giovane, costretta dalla moda degli anni Trenta a portare i capelli corti.

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