“La nostra economia deve essere orientata all’equità e al benessere della collettività – commenta Alvezio Bigi, Coordinatore Provinciale FIPAC Confesercenti Modena – Va cambiato l’ordine dei fattori che regolano la nostra società: non devono essere prioritariamente economici ma occorre che pongano al centro le persone e i loro diritti. Purtroppo nel nostro modello di società le persone e il loro benessere vengono scarsamente considerate prioritarie.
Acquisendo questa consapevolezza si deve indurre la politica a compiere scelte innovative, volte alla rivalutazione del welfare pubblico e universalistico.
Solo così si possono ridurre le diseguaglianze e impedire l’emarginazione dei gruppi sociali più deboli, in primo luogo gli anziani”.

Nella nostra Regione, anche se i servizi sono più diffusi che altrove, la cura e l’accudimento degli anziani sono in capo quasi esclusivamente alle famiglie che, per la loro tipologia e per gli impegni lavorativi, sono costrette a ricorrere alla collaborazione delle badanti o a ricoverare il loro congiunto in strutture a pagamento.
Sono le cosiddette RSA o CRA, nelle quali l’epidemia di Coronavirus ha causato un numero ingiustificabile di contagi e di vittime anche nella nostra Provincia.
“C’è da chiedersi se è solo un caso che alcune strutture siano state così pesantemente interessate e altre no, o se invece è perché non sono stati messi in atto ovunque sistemi di sicurezza e di prevenzione adeguati e, se così è, come mai questo è avvenuto”, prosegue Bigi.

Perché non si ripeta in futuro quello che si è già verificato, il sindacato FIPAC Confesercenti – che rappresenta i pensionati del lavoro autonomo del commercio, dei servizi e del turismo – chiede alla Politica e alle Istituzioni locali di mettere in atto politiche attive di tutela e di inclusione sociale. In primo luogo per quanto riguarda le fasce di popolazione che sono più esposte al rischio di emarginazione, se non di vero e proprio di abbandono. Perché deve essere questo l’impegno prioritario di uno Stato civile e moderno.

Occorre che la tutela della salute venga intesa come attenzione all’insieme dei bisogni psico-fisici delle persone, e non come semplice cura della malattia.
“Il Servizio Sanitario Nazionale va potenziato e riorganizzato affinché risponda meglio ai nuovi bisogni determinati anche dall’invecchiamento della popolazione – prosegue Bigi – e ciò deve avvenire seguendo i tre elementi fondamentali indicati nella legge che lo istituì nel 1978: l’Ospedalità, la Sanità di Territorio e la Prevenzione”.

La Sanità Pubblica è quella che ha fatto fronte all’emergenza, mentre quella privata è stata, salvo rari casi, completamente assente, smentendo così coloro che sostengono che il Sistema Sanitario Nazionale non è più in grado di garantire la salute dei cittadini in modo soddisfacente e che l’attenzione vada rivolta al privato. Al contrario, come si è visto, soltanto con la Sanità Pubblica e universalistica si garantisce a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro condizione economica, l’accesso alle cure, per assicurare a tutti il diritto alla salute.

“Occorre che gli organi competenti indaghino per capire se le cause di quanto è avvenuto siano da ricercare nell’inadeguatezza delle strutture, nella insufficiente attenzione da parte di chi ha la responsabilità della gestione e il compito di effettuare i controlli sanitari, governando sul rispetto delle regole dell’accreditamento”, conclude Bigi.

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