L’Amministrazione Comunale di Mirandola esprime profonda preoccupazione per la situazione in cui versa un patrimonio importante dello Stato e di tutta la comunità come il Centro logistico militare Portovecchio di San Martino Spino, che da anni il Comune cerca di recuperare trovando enormi ostacoli burocratici.

LA VICENDA

L’Amministrazione comunale – spiega una nota – si è mossa per acquisire il Centro già nel 2010 e nel 2011, quando ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Ministero della difesa per concordare un percorso di valorizzazione dell’area. Nel 2012 con il terremoto e nel 2013 con la tromba d’aria gli stabili e il parco (inutilizzati già da prima del sisma) sono stati ulteriormente danneggiati.

Il Comune nel 2013 ha chiesto di acquisire il Centro attraverso le procedure del “Federalismo demaniale” con rigetto della domanda, in quanto, essendo un bene tutelato, la procedura appropriata da utilizzarsi – secondo lo Stato – era il “Federalismo Culturale”.

Nel frattempo, su richiesta del Comune, il Commissario per il sisma 2012 ha finanziato, con tre milioni e ottocentomila euro, la messa in sicurezza degli edifici. Il Comune di Mirandola, a questo punto, ha proposto al Demanio di assumere la responsabilità di soggetto attuatore per la messa in sicurezza degli edifici e del parco attraverso un protocollo d’intesa, procedura già attuata e sperimentata con esito positivo per altri fabbricati demaniali presenti sul territorio. Il Demanio, in questo caso, ha risposto negativamente alla sottoscrizione del protocollo d’intesa e ha proposto di attivare il procedimento di acquisizione da parte del Comune attraverso il “Federalismo Culturale”.

Il Comune ha quindi presentato un progetto di valorizzazione dell’area di Portovecchio. Per procedere e verificare la sostenibilità economica dell’intervento, a questo punto, occorreva chiedere il parere della Sovrintendenza per una modifica del vincolo alla sola “Villa dei Pico” e ai fabbricati più significativi. La Sovrintendenza ha risposto rinconfermando tutto il vincolo, compresa l’area agricola.

Il Comune ha presentato ricorso ma il Ministero dei Beni Culturali lo ha bocciato. È stata quindi ripresa in considerazione la procedura del progetto di valorizzazione dell’Area di Portovecchio, attivando la specifica procedura di “Federalismo Culturale”, molto più impegnativa e “burocratica”, rispetto alla procedura del “Federalismo Demaniale”. Il Comune è anche intervenuto sul progetto per poter comunque avanzare una proposta di acquisizione e di pronto intervento per la messa in sicurezza degli edifici storici.

Nel frattempo, si sono svolti diversi incontri, che non hanno portato a nulla, sempre con interlocutori nuovi. «Dal 2012 – spiega l’Amministrazione comunale – si sono infatti succeduti quattro direttori regionali del Demanio e con tutti si è dovuto ripartire da zero perché ognuno aveva un’idea diversa».

LA SITUAZIONE OGGI

«All’inizio del 2019 ci viene comunicato che è cambiata la strategia del Ministero dell’Economia e Finanze e dell’Agenzia del Demanio nazionale e che quindi, volendo introitare direttamente risorse dalla vendita del patrimonio pubblico, non sono più interessati a trasferire il bene al Comune. Non solo, ma come ultima notizia, sembra che il Ministero della Difesa sia interessato a mantenere l’area al proprio servizio. Così come nel gioco dell’oca si ritorna dal punto di partenza (questo è avvenuto più di una volta!). Ad oggi non sappiamo come l’Agenzia del Demanio intende muoversi per preservare quegli edifici vincolati così importanti. Nel frattempo un patrimonio dello Stato e della comunità si sta gravemente danneggiando nel disinteresse burocratico delle amministrazioni statali. Infine, visto il dilatarsi dei tempi, esiste il rischio concreto – conclude il Comune – che le risorse del Commissario alla ricostruzione siano spostate su altri interventi».

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