“Pietas” così è stata denominata l’operazione condotta dai carabinieri della compagnia di Reggio Emilia, coordinati dalla Dr.ssa Pantani, sostituto presso la Procura reggiana, in quanto le 13 operatrici sociosanitarie finite nei guai non erano animate dal sentimento della “pietas” che induce amore, compassione e rispetto per le persone, figuriamoci per anziani, anche ultra ottantenni, ormai all’ultimo step della loro esistenza e per questo incapaci di provvedere a loro stessi.

Le indagini dei carabinieri reggiani, supportate anche da intercettazioni ambientali audio-visive, hanno infatti rivelato che in una struttura comunale per anziani, convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale ed accreditata ad una cooperativa di Reggio Emilia, molti ospiti anziani e incapaci di provvedere a se stessi venivano maltrattati, con continue vessazioni fisiche e psicologiche da parte di operatrici sociosanitarie che vi lavoravano. Alle prime luci di oggi i carabinieri reggiani, tra le province di Reggio Emilia e Modena, hanno dato esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di 6 delle 13 operatrici sociosanitarie indagate alle quali il Tribunale di Reggio Emilia, su richiesta della Procura reggiana concorde con gli esiti investigativi dei carabinieri, ha applicato la misura cautelare della sospensione della professione di operatore sociosanitario per un periodo che varia dai 6 ai 12 mesi per le posizioni più gravi.

Pesanti come un macigno sono le accuse rivolte alle 13 operatrici sociosanitarie chiamate a rispondere del reato di continuazione nel reato di maltrattamenti aggravati dall’averli commessi nei confronti di persone incapaci di potersi difendere nonché dall’essere stati commessi da persone incaricate di un pubblico servizio. Indagata anche la coordinatrice della struttura accusata di omissioni di atti d’ufficio per aver omesso, essendo a conoscenza dei fatti, di denunciarli all’autorità giudiziaria. Vessazioni fisiche e psicologiche quelle contestate alle operatrici sociosanitarie indagate, consistenti in percosse, anche con pugni al volto, agli anziani ospiti che venivano allontanati dal sistema di allarme al fine di impedirne l’attivazione, lasciati sporchi per diverse ore e non rispondendo alle loro richieste. “Stai fermo qua e aspetta la tua ora”, “non rompere le palle” “ ti lascio in mezzo alla cacca” “stronzo” “pezzo di merda” “arrivo e stai nella piscia” “ti faccio volare fuori dalla finestra come Superman” “mucca” “ se parli ti metto la merda in bocca”: questo a grandi linee il linguaggio “raffinato” usato nei confronti delle vittime anziane ospitate nella struttura.  Una grave vicenda, senza precedenti per le strutture per anziani a Reggio e provincia, che ha visto i carabinieri reggiani avviare le indagini a seguito di segnalazioni e denunce fatte dai familiari di alcuni anziani ricoverati nella struttura che avevano rilevato, nel corpo dei congiunti ricoverati, evidenti segni poi ricondotti alle violenze subite.

L’attività dei carabinieri dell’aliquota operativa della compagnia di Reggio Emilia, ha visto la Dr.ssa Pantani richiedere ed ottenere intercettazione ambientali audio-visive all’interno della struttura che hanno portato a confermare l’esito investigativo alla base dell’emissione del provvedimento cautelare eseguito oggi dai carabinieri dell’aliquota operativa della compagnia di Reggio Emilia. Le 13 operatrici socio sanitarie indagate hanno un’età che varia dai 54 anni ai 35 anni. Sono tutte residenti in provincia di Reggio Emilia ad eccezione di una 50enne residente nel modenese. Reggiana anche la 35enne coordinatrice della struttura.

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