Con una superficie coltivata attuale di soli 50 ha in tutta Italia, il luppolo ha un enorme potenziale di espansione in grado di dare finalmente il via alla birra 100% italiana. E’ quanto emerso dall’intervento di Federica Barozzi, responsabile di Campagna Amica Coldiretti Modena, nel corso del convegno “Luppolo italiano: il futuro è già qui”, che si è tenuto questa mattina a Marano nell’ambito della “Festa del Luppolo Autoctono – Marano Wild-Hopfest 2017”. Obiettivo dell’incontro fare il punto sullo studio e la presentazione delle prime varietà italiane di luppolo.

Il luppolo (Humulus lupulus) – ricorda Coldiretti Modena – è una pianta perenne con fusti rampicanti che possono raggiungere anche i 9 metri di altezza, il cui principale e più noto utilizzo è quello nella produzione della birra alla quale conferisce il tipico sapore amarognolo oltre ad aumentarne la stabilità microbiologica e concorrere nella stabilizzazione della schiuma.

Attualmente – informa Coldiretti – i maggiori produttori di luppolo sono Germania e Stati Uniti che, con 30.000 tonnellate all’anno, arrivano a coprire i 2/3 della produzione mondiale mentre la superficie destinata alla coltivazione in Italia arriva appena a 50 ettari.

“La coltivazione del luppolo ha notevoli possibilità di espansione nel nostro Paese  – ha detto Barozzi. Le caratteristiche della pianta, rustica senza particolari problemi di coltivazione, ne ampliano l’area di coltivazione anche nelle zone interne e marginali rappresentando di conseguenza anche una leva di sviluppo per questi territori. La produzione della birra 100% italiana è dunque un obiettivo alla nostra portata con indubbi vantaggi economici e occupazionali”.

I birrifici nazionali sono ad oggi costretti ad importare dall’estero quasi il 100% del luppolo – sottolinea Coldiretti Modena. Con 600 microbirrifici sul territorio nazionale il fabbisogno di luppolo per uno sviluppo futuro della filiera è stimato in 200 ettari.

“Per lo sviluppo della filiera – ha concluso la responsabile di Campagna Amica Modena –  è necessario mettere a punto forme di finanziamento ad hoc; favorire contratti di filiera per la produzione di orzo e malto; politiche di qualità e marchi di tutela; tracciabilità della filiera; politiche per l’innovazione; favorire l’accesso ai Piani di Sviluppo Rurale. La ricerca sui luppoli autoctoni può essere, poi, la leva di successo per la birra italiana”.

L’offerta di birra artigianale Made in Italy – sottolinea Coldiretti – sta conquistando un numero crescente di consumatori in Italia e all’estero dove l’export di birra italiana è aumentato del 144% in 10 anni. Le esportazioni si sono attestate nello scorso anno attorno ai 180 milioni di euro con ottimi risultati – sottolinea la Coldiretti – anche nei paesi nordici, dalla Germania (+17%) all’Irlanda della Guinness (+8,1%) fino ai pub della Gran Bretagna (+2%).

 

 

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