Sarà inaugurata sabato prossimo, 22 aprile,  a partire dalle ore 17 presso il Municipio di Sassuolo, la mostra “Arte, Ceramica e Industria”: un breve excursus sul design della piastrella, promossa dalla Città di Sassuolo e da Confindustria Ceramica; a cura di Luca Silingardi e Maria Teresa Rubbiani. L’esposizione presenterà al pubblico una ventina di pezzi grazie ai quali sarà possibile ripercorrere le tappe salienti del design della piastrella dal 1880 al 1980. Al vernissage interverranno le autorità e i due curatori.

Come noto, la Città di Sassuolo non possiede un proprio Museo Civico, inteso come sede espositiva permanente delle proprie collezioni aperta alla pubblica fruizione, ma da alcuni anni, con l’istituzione delle Raccolte Civiche d’Arte e Storia, il cospicuo patrimonio storico-artistico di proprietà comunale, dislocato nelle diverse sedi operative della municipalità, è stato idealmente riunito e riordinato in una sorta di “museo diffuso”, attraverso un programma di valorizzazione dei materiali volto a favorirne la conoscenza da parte della cittadinanza, attraverso apparati didascalici, mostre e visite guidate.

ll recente acquisto, da parte dell’Amministrazione Comunale, di due teche in cristallo anti-effrazione ha inoltre consentito l’avvio di esposizioni temporanee – a rotazione – di materiali di significativo interesse per la storia e la cultura del territorio altrimenti difficilmente presentabili al pubblico, per via delle ridotte dimensioni o della delicatezza e fragilità degli stessi, permettendo di avviare un progetto indirizzato a fare conoscere opere e oggetti delle Raccolte Civiche altrimenti destinati a rimanere chiusi, per motivi di sicurezza, all’interno dei depositi.

È stato così possibile presentare, nei mesi scorsi, parte della cospicua collezione di antiche ceramiche da tavola di produzione sassolese e veneta (XVIII-XIX secolo), proveniente dalla villa dei conti Giacobazzi Giorgi di Vistarino e donata all’Amministrazione comunale nel 1991, altrimenti in deposito presso la sede di Confindustria Ceramica, nella Palazzina della Casiglia.

Questa esposizione, invece, pur partendo da un esemplare di proprietà comunale uscito dalla fabbrica dell’ingegner Guido Siliprandi, accoglie pezzi prestati in gran parte dal Centro di Documentazione dell’Industria Italiana della Piastrella di Ceramica, di Confindustria Ceramica, e uno – ma molto significativo – da Marazzi Group S.r.l., con lo scopo di tracciare un sintetico ma rappresentativo excursus del design della piastrella in ceramica dal 1880 circa al 1980, non mancando di soffermarsi anche su alcune delle principali innovazioni tecnologiche che accompagnarono, in questi cento anni, lo sviluppo dei decori e delle forme.

“Il percorso – afferma Luca Silingardi, Co-curatore della mostra – si apre con l’esemplare databile tra il 1880 e il 1920 della Fabbrica Carlo Rubbiani, in maiolica pressata a secco con motivi geometrici blu realizzati con mascherina. L’introduzione della pressatura a secco, mutuata dagli stabilimenti inglesi di Wedgwood, aveva consentito ai Rubbiani, che avevano acquisito sia la Fabbrica Vecchia di contrada Borgo sia la Fabbrica della Terra Rossa di via Lea, di passare dalla mattonella all’innovativa e più sottile piastrella. Tecnologicamente più avanzato, questo nuovo prodotto, pur restando ancorato alla tradizione nella bicromia bianca e blu, ancora memore delle ceramiche che da Delft, in Olanda, si erano diffuse in tutta Europa tra Seicento e Ottocento, propone una geometrica stilizzazione del decoro, solo in parte dovuta alla necessità di utilizzare una mascherina per velocizzare il processo produttivo con pochi passaggi di pennello.

La particolare forma esagonale e il semplice ornato, che ricorre a un sottile profilo rosso tracciato manualmente lungo il perimetro, conferiscono notevole modernità all’altro coevo esemplare della medesima fabbrica, mentre l’utilizzo di una tecnica mista, con due mascherine per i diversi colori e finiture manuali, arricchisce notevolmente l’eclettico decoro della piastrella prodotta dalla ceramica Ingegner Guido Siliprandi & C., tra il 1926 e il 1932, riproponendo un motivo presente nel catalogo della Fabbrica Carlo Rubbiani del 1914-1915. Siliprandi, nel 1926, aveva infatti rilevato completamente la Società Dieci, Bertoli & C., nata nel 1911 acquisendo la Fabbrica della Terra Rossa di Antonio Rubbiani, in via Lea, per poi trasferire la produzione nel 1932 nel nuovo e più moderno stabilimento sulla via Radici, presso lo scalo ferroviario, aggiornando la produzione.

Sinuosamente Liberty è l’ornato policromo d’inizio Novecento, a motivi vegetali stilizzati con “colpi di frusta”, realizzato con tre mascherine della Ceramica Carani e Giglioli di Veggia; mentre già Déco è la geometrica sagoma rettangolare della bianca piastrella diamantata della Cooperativa Ceramica d’Imola; tipologia, questa, in smalto monocromo con bordo a diamante, di notevole successo e con cui, negli anni trenta del Novecento, si rivestivano gli alberghi diurni e altri luoghi pubblici di numerose città italiane.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale  – prosegue Luca Silingardi – l’Italia era non solo da ricostruire ma da modernizzare. Da un’economia in gran parte agricola si gettavano le basi per un’industrializzazione diffusa: è il boom economico e Sassuolo diventa il centro di produzione di piastrelle più importante. In questi frenetici anni di sviluppo economico, alla ricerca estetica si accompagna anche quella tecnologica e non solo relativa all’impiantistica. Un nuovo prodotto, il Kervit – da principio denominato Vetral, la cosiddetta “piastrella vetrosa” – era già stato brevettato nel 1935 dall’ingegner Antonino Dal Borgo per l’Industria Ceramica Veggia – il nome assunto dalla Ceramica Carani e Giglioli – Veggia dal 1931– anticipando di trent’anni la tecnica della monocottura, ma è soprattutto nel dopoguerra che esso ha una particolare commercializzazione, come testimonia il pezzo del 1956 esposto. Dalla Ceramica San Giuseppe, fondata in via Radici nel 1957, proviene l’esemplare in piccolo formato, che ebbe particolare successo negli anni sessanta, decorato col cosiddetto motivo “nuvolato”, ottenuto dalla mescolanza di smalti liquidi, similmente alle antiche tecniche di marmorizzazione.

Ma è nella Milano degli anni cinquanta, straordinario centro di propulsione culturale, che il decoro della piastrella inizia ad allontanarsi da un ornato di matrice tutto sommato ancora tradizionale grazie al coinvolgimento di artisti di livello internazionale, come lo spazialista Lucio Fontana, protagonista della corrente informale, famoso soprattutto per i suoi “Concetti Spaziali”: buchi e tagli su fondi monocromi che squarciano, per la prima volta, la bidimensionalità, fino ad allora intoccabile, della tela. È infatti di Fontana l’optical decalcomania con ingrandimento del motivo a pied-de-poule realizzata su cottoforte smaltato dalla milanese Gabbianelli, che si avvalse, lo stesso anno, anche di Gio’ Ponti – il celebre architetto e designer che aveva diretto la prestigiosa manifattura ceramica Richard-Ginori di Sesto Fiorentino tra il 1923 e il 1930, rinnovandone genialmente la produzione secondo il gusto Déco – autore della piastrella Multipref, in cui, su cottoforte, è serigrafato un geometrico motivo lineare.

Lo stesso Ponti è coinvolto due anni dopo, assieme al suo socio e designer Alberto Rosselli, anche nella progettazione dell’innovativa piastrella Quattro volte curva, disegnata non per una azienda milanese ma per la sassolese Ceramiche Marazzi e denominata anche Triennale per via del successo che ne accompagnò l’esposizione alla Triennale di Milano del 1960. Con essa, per la prima volta, la forma curva fu introdotta nel profilo dei materiali ceramici da rivestimento, in un unico modulo componibile disponibile in una vasta gamma di colori.

Di nuovo alla Gabbianelli va il merito, invece, della raffinata serie, articolata in più pezzi, dal titolo “Bolli”, disegnata da Maria Luisa Belgioioso nel 1966 ispirandosi all’astratta visione caleidoscopica. In questi anni del boom, infatti, è la produzione lombarda, più che quella emiliana – a parte qualche raro caso citato – a orientarsi verso i grandi designers, poi considerati i padri del design industriale moderno. In particolare, Cedit – acronimo della comasca Ceramiche d’Italia – perseguì una raffinata ricerca stilistica, rivolgendosi nello stesso anno, il “rivoluzionario” 1968, a Sergio Asti, di cui si espone Asti 2 – Nuvola e pioggia, in pasta bianca con decorazione a serigrafia e idrorepellente; a Marco Zanuso – vincitore di ben sette Compassi d’oro e celebre per l’ideazione di numerosi oggetti che hanno contribuito a formare il gusto degli italiani – di cui sono proposte le piastrelle della composizione Il Girasole; e a Ettore Sottsass – di cui le Raccolte Civiche d’Arte e Storia possiedono uno splendido Totem in ceramica Bitossi – autore dell’optical trama in bianco e nero di Sottsass 29.

Tra il 1969 e il 1970 è nuovamente un’azienda sassolese a imprimere un’eccezionale svolta di stile: Ceramiche Marazzi, infatti, coinvolge per la prima volta alcuni dei più grandi esponenti dell’haute couture affidando a Biki, a Paco Rabanne e a Forquet la Collezione Sarti, in gres rosso a rilievo e serigrafia, lanciando una suggestiva campagna pubblicitaria in cui le modelle indossavano abiti il cui motivo era identico a quello del pavimento su cui posavano. Ma il mondo non era ancora pronto per le griffes e le idee, anche le migliori, devono confrontarsi con la contemporaneità che è destinata ad accoglierle.

Negli anni settanta del Novecento, infatti, proseguiva ancora la produzione di piccoli formati in terracotta smaltata a tinta unita, indirizzati al vastissimo mercato medio-basso, come l’esemplare di Cisa del 1970 esposto, mentre la ricerca estetica dei prodotti di più alta gamma si indirizzava piuttosto verso nuove tecniche grafiche, come quelle sperimentate da Carlo Zauli, docente di progettazione all’Istituto d’Arte Ballardini di Faenza, per Nuove Ceramiche La Faenza, di cui si espone un pezzo del 1970 in gres bianco assieme alla mascherina in rame per il decoro con aerografo.

Per Cerdisa – acronimo di Ceramiche di Sassuolo – Paolo Guerrini disegna, tra il 1971 e il 1972, una serie in pasta bianca, con decoro floreale realizzato a lavaggio su idrorepellente, in cui ai pezzi monocromi da giustapporre ripetutamente l’uno all’altro, si aggiungono elementi diversi che accostati creano decori di più ampie proporzioni.

Nel 1978, per Piemme, lo stilista Valentino disegna la raffinata linea Colibrì, riprendendo, dopo due lustri, l’idea di Ceramiche Marazzi di coinvolgere gli stilisti di moda. Ora sì che il mondo, già proiettato verso i “rampantissimi” anni ottanta, è pronto per le piastrelle “griffate”. E sarà un successo universale”.

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Dopo l’inaugurazione di sabato 22 aprile, dalle ore 17, la mostra sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 18.00, e il sabato, dalle 8.30 alle 12.30.

Per informazioni: URP del Comune di Sassuolo 0536 880 801.

 

Informazioni generali

Mostra a cura di: Luca Silingardi Comune di Sassuolo, e Maria Teresa Rubbiani, Centro di Documentazione dell’Industria Italiana delle Piastrelle di Ceramica

Promossa da: Città di Sassuolo  e Confindustria Ceramica.

Testi di: Luca Silingardi

Coordinamento organizzativo: Gregorio Schenetti, Assessore alla Città-Distretto del Comune di Sassuolo, ed Elisabetta Leonardi, Comune di Sassuolo

Segreteria organizzativa: Raffaella Bulgarelli, Comune di Sassuolo

Grafica: Luca Silingardi e Massimiliano Tortis

Prestatori:

Centro di Documentazione dell’Industria Italiana delle Piastrelle di Ceramica di Confindustria Ceramica; Raccolte Civiche d’Arte e Storia del Comune di Sassuolo; Marazzi Group S.r.l.

 

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